Le cose arabe di Mancini. "Trattativa di Ferragosto". Ma il suo deserto è l'Italia

Eccolo nel deserto il Mancio d'Arabia. Con quel guizzo made in Italy nell'immancabile elegante vestire, abito scuro, cravatta in pendant, camicia bianca e il ciuffo d'ordinanza

Le cose arabe di Mancini. "Trattativa di Ferragosto". Ma il suo deserto è l'Italia
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Eccolo nel deserto il Mancio d'Arabia. Con quel guizzo made in Italy nell'immancabile elegante vestire, abito scuro, cravatta in pendant, camicia bianca e il ciuffo d'ordinanza, seduto accanto alla solita tunica araba stavolta indossata dal presidente federale saudita. Dice chiamatemi «Mancio come in Italia, come quando giocavo» fors'anche per sentirsi meno straniero e magari un italiano non proprio traditore nonostante la fuga dalla sua nazionale. Avrà capito il Mancio d'Arabia che, addentrandosi nel deserto arabo, lascerà un deserto dietro di sé: deserto di sentimenti, passioni, credo. Gente pronta a voltargli le spalle, magari qualche sponsor. L'idea era venuta a Matteo Ricci, sindaco di Pesaro targato Pd, che aveva proposto di sostituirlo con Tamberi come testimonial delle Marche, la loro terra. Effetto nefasto dell'addio alla nazionale, pur sapendo che Mancio ama quella terra. Ma l'idea è stata subito bocciata dal presidente regionale Francesco Acquaroli, che sta su altra sponda politica. «Il rapporto tra Regione Marche e Mancini continuerà anche in futuro. La scelta del testimonial non deve dividere o mettere in contrapposizione figure che amano le Marche». Però, da queste avvisaglie, l'ex ct avrà inteso gli umori di un Paese che lo ha amato e seguito ed ora si sente tradito. Non per soldi, ma per danaro. La campagna di stampa lo ha fatto infuriare. «Ho letto cose cattive e non vere. Mi hanno fatto passare per un mostro». Forse qualcuno avrà esagerato, ma basta andarsi a leggere i social per capire l'aria che tira. Sarebbe servita una miglior comunicazione, preventiva e non solo difensiva.

E chissà che Mancini non si sia precluso anche la possibilità di allenare ancora in Italia. O forse la via d'Arabia è stata una scelta per chiudere con l'Italia del pallone. Ci sono sempre grandi club esteri ben forniti di portafoglio. Quindi il calcio nostro potrà fare a meno di lui e viceversa. La consistenza calcistica (quella finanziaria è da fuoriclasse) della nuova avventura sarà invece da valutare. Lo ha fatto intendere ai giornalisti arabi che volevano capirne di più sul futuro della loro nazionale. «Il nostro obbiettivo è vincere la coppa d'Asia che manca da 26 anni», ha risposto. E qui rispunta il Mancini italian style, con la mira certa. Ma non bastano parole e intenzioni. «Però non sono un mago, il nostro modo per migliorare è lavorare», ha riflettuto a voce alta. Ha sviato le polemiche sullo staff: arrivano tutti o no? Ed anche qui è rispuntata la nebbia su tempi e fatti. «Ho iniziato a parlare con la federazione a metà agosto ed è normale che alcuni dei miei assistenti non sapevano di questa situazione. Alcuni devono sbrigare cose in Italia, ma siamo già abbastanza per cominciare il lavoro. Conoscevamo la squadra, abbiamo visto le partite dei mondiali, ci sono giocatori interessanti». Ferragosto? Suvvia.

Certo è che arriva nel deserto mentre il deserto sta accogliendo gingilli calcistici a peso d'oro. Un bene? Un male? E qui Mancini è tornato a esperienze nostre. «Penso sia positivo che arrivino tante stelle perché aiuteranno ad alzare il livello del campionato. È successo anche da noi nel passato: tanti stranieri hanno alzato il livello della serie AZ. Ora accade il contrario: troppi stranieri. Mancini se n'è lamentato. Avrà cambiato idea? Spiega: «L'Arabia ha un potenziale incredibile sul mercato. In Italia non abbiamo nemmeno tre giocatori da scegliere per ogni squadra. Qui avere tre sauditi a squadra è un bene: avremo tempo per seguirli. Abbiamo fiducia nei giovani, nell'under 21: investiremo su di loro per il bene e il futuro dell'Arabia». Nel tabellone dietro al Mancio campeggiavamo nomi di sponsor che pareva grondassero danaro. Qui è l'America del calcio? Forse. Intanto il nostro ricomincia dall'Arabia Saudita, prima avversaria affrontata quando partì con la nazionale azzurra. Corsi e rincorse. L'Arabia è una benemerita per il ct.

Lo ha ricordato: «La vittoria contro l'Argentina, ai mondiali, ha permesso alla mia Italia di essere ancora la squadra con il record di imbattibilità. Ringrazio quei giocatori». A logica, gli sarebbe toccato offrir loro almeno un caffè. Invece saranno loro a regalargli un forziere. In certi casi meglio essere figli del deserto che figli delle stelle.

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