Cresceva le sue scimmie come figli: condannata

La disavventura di un'ex addestratrice tedesca. Invece di una gabbia una vera casa su misura e wurstel a volontà: 11 mila euro di multa

Cresceva le sue scimmie come figli: condannata

Presentiamo gli attori di questa notizia di cronaca. Lei, innanzitutto, la signora (anzi Frau) Christiane Ursula Samel, anni 72 ben portati, come potete constatare in un filmato di tre anni fa (www.youtube.com/watch?v=IutAednWRM8) dove, capelli corvini tagliati alla maschietto, spinge il carrello al supermercato con un ospite che esce dal fondo del cestello e si arrampica, con inusuale perizia, sugli scaffali afferrando scatole di dolci ripieni di panna, biscotti al cioccolato e anche un mazzo di rose.

E qui entra il secondo attore, o meglio la star del cast: un paffuto scimpanzé, con tanto di pannolone, vestito con una maglietta turchese, che zompa dal cestello della spesa al bancone della cassa tra gli sguardi increduli dei clienti, per uscire dal supermarket con la bocca ripiena di crema e un wafer tra le labbra, solidamente tenuto da Frau Ursula con la catena del carrello.

Appena liberato, balza attraverso il finestrino aperto, all'interno di un pulmino forse guidato dalla donna. Sì, perché tre anni fa Frau Ursula, di scimpanzé ne aveva dodici, tutti allevati e tenuti in un modo talmente umano che non poteva stupire se uno di questi, alla guida del mezzo, avesse fatto cenno a un incauto autista di essere arrivato per primo al parcheggio. La tv tedesca si era già occupata di Frau Ursula, quando l'ex star di un circo dell'allora Repubblica Democratica Tedesca (DDR), assieme al marito, aveva da tempo concluso la sua carriera di addestratrice di scimmie in Usa.

Tornata a Berlino, con dodici scimpanzé, la coppia si era trovata in evidenti difficoltà di «gestione» della ex troupe, in quanto il giardino di casa non era più sufficiente ad ospitarli e, loro stessi, cominciavano ad accusare il passare del tempo e le inevitabili difficoltà di accudire una combriccola un tantino chiassosa e non sempre obbediente. A questo punto, anche le autorità e i potenti Grünen (i Verdi) tedeschi avevano cominciato a muoversi nell'ottica di sottrarre, alle eccessive attenzioni di Frau Ursula, quelle scimmie troppo umanizzate. «Guai a chi tocca i miei bambini» aveva dichiarato Frau Ursula alla tv tedesca rea, a suo dire, di avere manipolato un documentario che faceva vedere i comportamenti tutt'altro che naturali di quei primati.

Alla fine un briciolo di buonsenso l'aveva consigliata di scendere a patti e la combattiva circense aveva stipulato un patto con lo Zoo Safari di Ravenna, davanti al cui cancello si era presentata, dopo un lungo viaggio, con tre scimmie di cui una incinta e una di pochi mesi. Viste le gabbie che dovevano ospitare i «bambini» Frau Ursula decide di riportarseli via. «Qui non va bene niente».

Le autorità però bloccano i «pargoli» e ascoltano, grattandosi le teste, il direttore della struttura, Osvaldo Paci. «Li ha portati al guinzaglio fino alla gabbia. E su un altro camion ha portato due divani, una cucina completa, una lavatrice: pretendeva di ricreare un ambiente domestico all'interno della struttura e di vivere con gli animali». L'ambiente era talmente domestico che, sui divani e davanti al tv i «ragazzi» consumavano wurstel e birra (bavarese ça va sans dire).

Il finale della storia è da thriller: tutti si rivolgono alla magistratura, compresa l'inossidabile Frau Ursula che però non dispone di Perry Mason. Il pm la condanna per maltrattamento di animali a 11.000 euro di multa. I poveri ragazzi ora piangono e guardano sconsolati un frigo pieno soltanto di banane.

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