L'argomento è dibattuto da sempre, ci sono anche modi di dire per cui chi è bravo a scuola non è bravo nella vita. O viceversa. Ma al di là dei detti popolari, quanto conta essere laureati? Sembra non molto, almeno in Italia, a giudicare dal botta e risposta tra la ministra a cinque stelle Fabiana Dadone e il segretario della Lega, Matteo Salvini, ex inquilino del Viminale.
La Dadone, lamentando le condizioni di chi è costretto a lavorare con compensi inadeguati e in mansioni che nulla hanno a che fare col proprio titolo di studio, ha attaccato Salvini (pur senza citarlo direttamente) proprio per non aver completato gli studi universitari. «Ci sono camerieri da 600 euro al mese con titoli di studio che ex ministri dell'Interno o sedicenti leader politici vedono solo nei loro sogni. E forse la radice dei problemi italiani è tutta qui» le parole del ministro delle Politiche giovanili.
Salvini ha replicato un po' piccato: «Chi giudica una donna o un uomo solo in base al titolo di studio, non ha capito niente della vita». Frase di per sé condivisibile, perché non è certo la laurea a rendere uomo un uomo o donna una donna, purché non si presti all'equivoco che la laurea non serva a nulla, in un Paese che invece di laureati e di cultura ha fame e sete.
D'altra parte lo stesso Salvini, pur senza arrivare alla fine degli studi, non si è fermato lontano. Studente lavoratore, passato da Scienze politiche a Scienze storiche, ha abbandonato gli studi a cinque esami dalla laurea.
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