Dai veleni alle querele. Il caso Arabia Saudita scuote la maggioranza

Pd e grillini contro l'alleato Renzi per i rapporti con Riad. E lui denuncia Travaglio

Dai veleni alle querele. Il caso Arabia Saudita scuote la maggioranza

Con una maggioranza che va dal Pd alla Lega, passando per Forza Italia e Cinque stelle, il tasso potenziale di litigiosità è enorme. Le tensioni non sono ancora esplose in modo fragoroso ma agitano le acque fin dal primo giorno di insediamento di Draghi e si stanno facendo sentire in particolare sull'asse M5s-Iv-Pd. La presenza di Renzi, il disgregatore della precedente maggioranza di Conte, è un forte elemento perturbatore, soprattutto per i Cinque stelle alle prese con la scissione della corrente di Di Battista, ma con scosse anche dentro il Pd. Il punto è ancora il rapporto tra il leader di Italia Viva e l'Arabia Saudita, visto che Renzi svolge un incarico (retribuito) di conferenziere e membro dell'advisory board del FII Institute, un organismo controllato dal fondo sovrano saudita Saudi public investment Fund (Pif) presieduto dal principe Mohammad bin Salman

La vicenda è riesplosa dopo il rapporto della Cia che accusa espressamente il principe ereditario bin Salman per l'omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi. La nuova autodifesa di Renzi («L'Arabia Saudita è un baluardo contro l'estremismo islamico ed è uno dei principali alleati dell'Occidente da decenni») ha scatenato le critiche degli alleati, dal Pd («È irresponsabile dal punto di vista morale e istituzionale ricevere un compenso economico da una dittatura straniera mentre si svolgono le funzioni di Senatore» attacca Andrea Romano) e dai Cinque stelle che definiscono «una farsa» la spiegazione di Renzi e chiedono che «convochi formalmente una conferenza stampa per rispondere alle domande dei giornalisti, piuttosto che fare comodi monologhi» scrivono i deputati M5s della commissione Esteri. L'ex M5s Alessandro Di Battista chiede le dimissioni del leader Iv dalle colonne del Fatto, quotidiano vicino alla galassia grillina che titola: «Renzi d'Arabia si tiene i soldi insanguinati». Articoli che fanno partire l'ennesima querela del senatore di Rignano, che pubblica una foto con tenuta e casco da bici accompagnata dal commento: «Oggi è una giornata bellissima, con un sole che scalda il cuore. Non è il giorno giusto per fare polemica o per arrabbiarsi. È sempre il giorno giusto, invece, per citare in giudizio Marco Travaglio e Il Fatto Quotidiano vista l'ennesima aggressione di questa mattina. Non c'è da arrabbiarsi. Solo prendere nota, denunciare e aspettare le sentenze. Il tempo è galantuomo». La convivenza tra Renzi e grillini insieme nel governo Draghi si annuncia movimentata.

Ma non c'è solo quello a far traballare la maggioranza, anche il passaggio di due big del Pd come Pier Carlo Padoan e Marco Minniti dalla politica rispettivamente a Unicredit e Leonardo-Finmeccanica, alimenta le polemiche sulle porte girevoli tra politica e interessi privati. Anche qui ad alimentarle è Di Battista, tornato alla carica come disturbatore dell'asse tra grillini e Pd, un nervo scoperto del Movimento sopratutto ora che i vertici intendono consegnare il M5s a Conte proprio con l'obiettivo di saldare l'alleanza a sinistra anche alle prossime scadenze elettorali.

Un abbraccio con il «partito di Bibbiano» che è indigesto per molti elettori grillini, e sui cui soffia Dibba: «Due ex ministri del governo Gentiloni, prima Padoan e ora Minniti, sono passati dall'essere deputati a incarichi per imprese attive nei settori di cui si occupavano da ministri. È tutto a norma di legge, ma in un Paese normale non dovrebbe accadere».

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