Il concetto di accoglienza non contiene rotture rispetto all'ideologia dell'Occidente, al contrario: è ricco di umanità, di desiderio di conoscenza, di buoni sentimenti. Barcellona oggi sbreccata, insanguinata, sofferente è stata la città più accogliente del mondo, non solo perché il mondo la ama e la visita per la sua bellezza, ma per la sua scelta di chiedere che i profughi la scelgano come obiettivo preferito, senza limiti, senza scegliere. Una scelta coraggiosa fino all'incoscienza. Ma quando si guardano le fotografie del 17 maggio della manifestazione di Barcellona che fu la prima di una serie, fra cui un vastissimo raduno a Milano pochi giorni dopo, in cui i cittadini guidati dai loro sindaci e da una serie di politici e intellettuali chiedevano che l'accoglienza fosse ampliata; manifestazioni in cui si chiedeva che gli immigrati diventassero la colonna del futuro stesso delle loro città; se si guardano le immagini delle Ramblas invase di folla e di cartelli che invocano confini aperti, e mondi «senza mura» e gridano che «biasimare l'islam per il terrorismo è come biasimare il cristianesimo per il colonialismo»... beh, intanto va ricordato che il cristianesimo fu responsabile del tentativo di quegli uomini e di quel tempo di imporre una civiltà ritenuta salvifica oltre che redditizia; e in generale, non si sfugge alla sensazione di una grande mancanza di senso di responsabilità. Come se una nuvola di mancanza di conoscenza del maggiore problema che abbia investito l'Europa dal dopoguerra avesse avvolto le menti.
L'ha ripetuto Antonio Tajani presidente del Parlamento Europeo, ed è un dato evidente: la marea di profughi che abbiamo visto in questi anni affrontare i flutti non calerà dalle sue dimensioni bibliche, al contrario. In dieci anni, quando l'Egitto avrà raggiunto i 100 e la Nigeria i 400 milioni di abitanti, le folle che vorranno raggiungere le nostre città toccheranno le decine di milioni. I numeri sono e saranno alti per quanto si manipolino, e impongono una scelta, uno «screening» come quello che cercano di fare le nuove misure italiane: in Italia nel 2017 abbiamo finora 11.849 arrivi contro i 13.246 di tutto l'anno scorso, in Spagna dall'inizio del 2017 sono arrivate 8.385 persone, tre volte il numero nello stesso periodo dell'anno scorso.
Pensando a tutta questa «accoglienza» che ci aspetta, è possibile concentrarsi solo sulla parte umanitaria che riguarda i profughi e dimenticare il principio fondamentale che comporta obblighi versi la vita umana in generale? Si può ignorare il rapporto fra la marea montante di immigrati e il terrorismo? È un'evidente forzatura: il terrorismo che colpisce indiscriminatamente tutti, cristiani, ebrei, musulmani non osservanti comunque lo si rigira, ci mostra sempre la faccia del fanatismo religioso islamico, che cresce di mese in mese. È un fenomeno che ha grande parte nei 4.576 morti europei per terrore che ci è toccato contare. Dunque l'accoglienza che deve essere praticata secondo il senso comune deve necessariamente contenere un criterio selettivo. Questo significa razzismo? Mancanza di rispetto per la libertà di religione o di opinione? Non è così, anche se è la pretesa di chi predica l'accoglienza indiscriminata. L'Europa non ha ancora voluto capire che molti guerrieri di una guerra senza quartiere si annidano nel fanatismo religioso islamico, e che esso è cresciuto parallelamente alla nostra scelta di una società multiculturale. Ma i fanatici non saranno mai conquistati dalla gentilezza di chi li vuole pacificare, dalle braccia aperte dell'accoglienza.
Verificare
l'identità di chi entra, selezionarla secondo criteri di sicurezza non ha nulla a che fare con il dovere morale di salvare le persone in pericolo. Per favore, smettiamo di compiacerci come pavoni di quanto siamo accoglienti.
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