Dallo ius soli alla tassa patrimoniale: le cinque grandi sconfitte di Letta

Il segretario ha fallito anche sul salvataggio di Mps e sul voto ai 16enni. L'unico successo: garantirsi il seggio alla Camera

Dallo ius soli alla tassa patrimoniale: le cinque grandi sconfitte di Letta

La «manita» è servita. Enrico Letta sognava il 5 a 0? Missione compiuta. Il segretario del Pd rimedia un sonoro 5 a 0 sul campo dell'agenda di governo e del Parlamento. Ius soli, ddl Zan, voto ai 16enni, patrimoniale, salvataggio Msp: cinque su cinque. Un filotto di sconfitte. Tutte le proposte del leader dem sono state bocciate: «zero tituli». Anzi no. Letta mette a segno il gol della bandiera sul campo di Siena, con la vittoria alle suppletive. In pratica una partita amichevole, quella in terra senese, tra desistenze renziane e promesse di salvataggio per il Montepaschi, che però consente all'ex premier di assicurarsi la poltrona in Parlamento nell'ultimo scorso di legislatura. Stipendio garantito.

Con l'affossamento della legge sull'omotransfobia in Senato la «manita» è centrata. Letta, da quando ha assunto la guida del Pd, ha fissato cinque obiettivi: cinque battaglie da portare avanti. Primo punto: Ius soli. Il 24 maggio scorso il leader del Pd era convinto: «È una battaglia che faremo. Io ci sono e tutta la mia comunità c'è. In questa legislatura ci proviamo». Missione fallita. E così via, sul voto ai 16enni e sulle promesse di salvataggio di Mps. Ma la sconfitta più umiliante arriva dopo la proposta (di Letta) di introdurre una tassa (una patrimoniale) dell'1% sui grandi patrimoni per finanziare una dote da destinare ai giovani. Idea bocciata direttamente dal premier Mario Draghi: «Non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli». Ma Letta non si dà per vinto e insiste con l'approvazione del Ddl Zan. Va allo scontro in Senato. L'esito è una Caporetto per il Pd. Testo bocciato. Per Letta ora inizia l'analisi post gara. Se continua così rischia di rimediare altri due ceffoni sull'elezione del prossimo capo dello Stato e sulla legge elettorale.

Il processo nel Pd è in corso. La proclamata rottura con Italia viva dopo il voto sul ddl Zan agita i dem. Va all'attacco il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, leader della corrente Base riformista: «Penso che il campo largo di cui ha parlato il segretario del mio partito sia un dovere che dobbiamo portare avanti con grande impegno. Le polemiche di questi giorni hanno un loro significato ma penso che dobbiamo soprattutto guardare avanti». La risposta di Letta arriva a stretto giro: «C'è spazio per un centrosinistra largo. Io lavoro sempre in una logica di un centrosinistra inclusivo, vincente. La vicenda del ddl Zan è semplicemente stato un momento di chiarimento importante». La frecciatina è rivolta agli alleati di Iv che non risparmiano critiche al numero uno del Pd: «Letta ha fatto la strategia e Letta ha perso politicamente, insieme al M5s che lo ha seguito nel muro contro muro», attacca in un'intervista al Giornale Maria Elena Boschi.

E sulla testa di Letta pende anche la vendetta di Andrea Marcucci, ex capogruppo Pd in Senato: «Se il Pd rinuncia al confronto e al riformismo come metodo di lavoro, sceglie la politica delle bandierine e della rigidità, rischiando l'isolamento», dice al Messaggero. Il segretario del Pd sembra già a rischio esonero.

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