Il debutto di Gelmini e Carfagna a sinistra: profilo basso e attacchi contro i sovranisti

Le due ex azzurre tra spaesamento e imbarazzi per gli avversari ora "amici"

Il debutto di Gelmini e Carfagna a sinistra: profilo basso e attacchi contro i sovranisti

È la prima volta delle due ministre. Da destra a sinistra, con retromarcia nel terzo polo. Carlo Calenda presenta il programma e loro sono le vestali del vecchio che si fa nuovo. Impenetrabili. Compunte. Nascondono l'imbarazzo nella postura, le braccia conserte, posizione guardinga di chi sa che tutto può succedere. Ecco il duo Carfagna-Gelmini al debutto fuori dal recinto storico del centrodestra. Spaesamento, ma anche lampi di orgoglio. Calenda attacca Berlusconi, Salvini e Conte che hanno provocato la caduta del governo Draghi e li chiama in causa per l'aumento del prezzo del gas, cui il premier uscente stava cercando di porre un tetto.

Le due ormai ex sono statue, ma si capisce che quello è stato il motivo della rottura, dello strappo e del miniesodo da Forza Italia. C'è stato smarrimento in una parte dei moderati e loro provano a interpretarlo, offrendo ricette inedite e un punto di vista che vuole essere insieme innovativo e rassicurante. La strada è stretta, il Rosatellum una museruola, loro ci provano.

Alchimie. Equilibri. L'accusa, sempre ad alzo zero, di tradimento.

Calenda prosegue fluviale e inarrestabile: Mara e Mariastella prendono qualche appunto, tamburellano sui fogli, aggiustano le facce al cruccio del paese. Un colpo di tosse, uno sguardo qua e là, a immaginare punti di riferimento nel paesaggio che cambia.

Profilo basso, terra terra, che contrasta con lo scoppiettante eloquio del leader che attacca la destra, attacca la sinistra, con cui pure si era alleato per un pomeriggio o poco più, attacca i 5 Stelle, salva solo, a fatica, se stesso.

Calenda sfoggia i suoi cavalli di battaglia: meno tasse, Draghi che dovrebbe tornare - in caso di successo del terzo polo - a fare il premier, anche se da come ha parlato e bastonato in Parlamento questo sembra sia il suo ultimo desiderio, e poi l'agenda Draghi che in realtà coincide con i compiti che ci ha dato l'Europa per riscuotere le rate del Pnrr. Ancora, Calenda punta il dito contro la Meloni per interposto Michetti, il candidato sindaco più sbagliato che si ricordi, e loro sono sempre lì. A misurare la distanza piccola e insieme grande che le separa da quel che erano fino a ieri.

Fa una certa impressione vederle sorridere, nelle foto, a fianco della Boschi, della Bonetti e di Marattin. Si rimescolano le carte ma il gioco non cambia: basta sbagliare una mano per sparire. E questa consapevolezza aleggia insieme all'adrenalina del palco che prova a incunearsi e a trovare un suo spazio e un suo pubblico. Del resto Calenda ha una sua teoria: «Le coalizioni sono quattro, non due», sondaggisti e politologi ne prenderanno atto. Loro scommettono su questa ridistribuzione dei consensi.

«Cari amici della sinistra», avanza come un mulinello lui e forse quello è l'unico momento in cui le due hanno un trasalimento.

«Noi siamo lontane da populismi, sovranismi e slogan», spiega Gelmini. E Carfagna, in carta carbone: «Noi siamo la parte giusta, i populismi sono un rischio per il Paese».

Appunto. Slogan contro altri slogan. Qualche sorriso qua e là.

L'incertezza di quel che sarà, in una stagione liquida, con le porte girevoli sempre in azione, non importa se con la a maiuscola. Proclami & retorica: illusione o fiuto? La risposta, come sempre, è nascosta nelle urne.

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