Lui, di suo, avrebbe voluto andarci. L'occasione di vedere in faccia i pm che lo accusano di essere il mandante di tre stragi per un totale di dieci morti e sessanta feriti, Marcello Dell'Utri non voleva perdersela: per curiosità, se non altro. Ma le strategie processuali vincono sull'indole umana, così Francesco Centonze, difensore dell'ex senatore di Forza Italia, ha fatto sapere per tempo alla procura di Firenze che l'interrogatorio fissato per ieri si sarebbe risolto in una perdita di tempo, essendo Dell'Utri intenzionato a avvalersi della facoltà di non rispondere. Il procuratore aggiunto Luca Turco e il suo sostituto Luca Tescaroli hanno convenuto che a quel punto tanto valeva lasciar perdere.
La Procura, ovviamente, a questo punto va avanti per la sua strada. L'accusa di concorso in strage, che colpiva anche Silvio Berlusconi, dopo la morte del Cavaliere ha Dell'Utri come unico indagato. Ora i pm si apprestano a tirarne le fila, anche sulla base dei documenti sequestrati nella casa e nell'ufficio di Dell'Utri lo scorso 12 luglio, quando la Dia ha eseguito l'ordine di perquisizione.
La scelta di non rispondere alla convocazione dei pm punta probabilmente a rimarcare che non esiste un terreno su cui è possibile un chiarimento, che non ci sono dettagli da confermare e da smentire. L'accusa di avere ordinato insieme a Berlusconi a Cosa Nostra le stragi del 1993 per spianare la strada all'ascesa di Forza Italia è, secondo Dell'Utri, talmente lunare che non si vede come possa venire smentita con fatti concreti. Gli elementi già noti a sostegno della tesi della procura sono, d'altronde, le relazioni di servizio della Dia di Firenze, piene di sillogismi, di deduzioni logiche, di ipotesi che strada facendo diventano certezze. La difesa di Dell'Utri però non esclude che vi sia dell'altro, che i pm abbiano carte o testimonianze sfuggite alla fuga di notizie. E in qualche modo la decisione di ieri è una sfida ai pm a depositare tutto, come dovranno fare al momento della chiusura delle indagini. Solo allora comincerà la battaglia punto per punto tra accusa e difesa. Sapendo che il vero obiettivo della Procura di Firenze non è solo accusare Dell'Utri ma attraverso di lui arrivare a una condanna postuma («damnatio memoriae, l'ha definita Marina Berlusconi nella sua lettera al Giornale) del Cavaliere.
A rendere tutto più surreale, insieme alla enormità dell'accusa, c'è il fatto che - almeno per quanto se ne sa finora - nel carniere dei pm fiorentini non c'è un solo testimone diretto.
A parlare di contatti tra esponenti di Cosa Nostra e la coppia Berlusconi-Dell'Utri sono solo pentiti di mafia che non parlano per conoscenza propria ma riferendo ciò che avrebbero saputo da altri mafiosi: che però o sono morti o non hanno confermato le rivelazioni. Come si può replicare a verità di terza o quarta mano? Anche per questo Dell'Utri è rimasto a casa.
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