Delmastro interrogato dai pm. La sinistra riparte: "Ora lasci". Ma il centrodestra lo difende

Due ore davanti ai pm romani per difendersi dall'accusa di rivelazione di segreto d'ufficio

Delmastro interrogato dai pm. La sinistra riparte: "Ora lasci". Ma il centrodestra lo difende

Due ore davanti ai pm romani per difendersi dall'accusa di rivelazione di segreto d'ufficio. Ieri mattina il sottosegretario Andrea Delmastro, accompagnato dal suo avvocato Giuseppe Valentino, ha varcato l'ingresso della Procura capitolina per rispondere al Procuratore Francesco Lo Voi e ai sostituti titolari del fascicolo sui documenti del Dap contenenti conversazioni tra Alfredo Cospito e due esponenti della criminalità organizzata al 41bis.

Nel rispondere, stando a quanto filtra, a tutte le domande, il sottosegretario avrebbe ribadito di non aver commesso alcun illecito, di non aver fatto alcuna rivelazione perché quella relazione del Dap, con le conversazioni citate dal deputato Giovanni Donzelli in Aula il 31 gennaio, non erano secretate. Cioè avrebbe ribadito la posizione già espressa dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Delmastro ha annunciato agli inquirenti di voler presentare una memoria, ma uscendo non ha voluto rispondere ai cronisti: «Buon lavoro», si è limitato a dire. Silenzio stampa anche e soprattutto dopo che, stando a quanto ricostruito da fonti informate, la notizia dell'indagine a suo carico era cominciata a circolare il giorno prima, non da ambienti giudiziari ma politici, dopo che gli inquirenti gli avevano notificato, presso il ministero della Giustizia, l'invito a presentarsi in Procura.

Un passo indietro. L'accusa dei pm è di aver, da pubblico ufficiale che aveva diritto a conoscere gli atti riservati per via del suo ruolo, rivelato documenti coperti da segreto. Si tratta del contenuto di una relazione trasmessa al Dap dagli agenti di polizia penitenziaria con alcuni dialoghi tra Cospito e due detenuti, inerenti lo sciopero della fame dell'anarchico per l'abolizione del 41bis e le proteste della galassia antagonista. Il 31 gennaio in un intervento alla Camera Donzelli aveva citato quelle conversazioni. Delmastro aveva poi ammesso di avergli parlato di quei documenti. Ma il Guardasigilli dopo un'inchiesta interna aveva «scagionato» il sottosegretario, spiegando che quel documento non è secretato né classificato ma solo a «limitata divulgazione». Non la pensano come il ministro gli inquirenti, che hanno iscritto Delmastro sul registro degli indagati. Dopo aver già svolto approfondimenti e sentito altre persone al Dap, è emerso che era stato lo stesso sottosegretario a fare richiesta di quei documenti. La dicitura a «limitata divulgazione» potrebbe anche indicare l'obbligo di segreto amministrativo. L'opposizione continua a chiedere le dimissioni, dal Pd con Letta ad Angelo Bonelli, Verdi, che con il suo esposto aveva fatto scattare all'inchiesta. Per Carlo Calenda, Terzo Polo, Delmastro «non deve dimettersi perché indagato, ma perché è gravemente inopportuno che un sottosegretario dia delle carte riservate a un compagno di partito».

Il governo fa quadrato intorno al sottosegretario. Quello alla presidenza del Consiglio Alfredo Manotavano ha chiarito che la posizione della premier - che aveva già difeso i due esponenti di Fdi - non cambia.

E ieri il ministro Francesco Lollobrigida ha detto che «il ministro Nordio ha chiarito tutti gli aspetti politici, se la magistratura intende procedere con una indagine è legittimo che lo faccia. Confidiamo che l'interpretazione di un autorevole magistrato, pro tempore ministro, sia abbastanza chiara».

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