Il dossier della Guardia costiera: "Non c'erano allarmi"

I magistrati cercano le presunte falle nei soccorsi. A confronto tutte le relazioni di servizio

Il dossier della Guardia costiera: "Non c'erano allarmi"

Law enforcement e non Sar. Intorno alla scelta di impostare le ricerche del caicco come operazione di polizia e non come soccorso in mare si concentra l'inchiesta della procura di Crotone che mira a far luce sugli eventi della notte tra sabato e domenica scorsi, conclusi col tragico naufragio dell'imbarcazione a pochi metri dalla costa calabrese e la morte di 68 migranti. Mentre proseguono le ricerche delle persone ancora disperse in mare secondo le stime mancherebbero all'appello da un minimo di 27 fino a 47 migranti le toghe vogliono chiarire che cosa possa essersi inceppato nella macchina dei soccorsi, dopo l'avvistamento dell'imbarcazione da parte di Frontex. L'indagine affidata al pm Pasquale Festa è ancora conoscitiva, e tocca ai carabinieri, già al lavoro per far luce sulla catena di eventi.

Già ieri gli uomini dell'arma avrebbero raccolto le prime relazioni di servizio, partendo proprio dalle comunicazioni tra Capitaneria di porto e Gdf. Tra le carte, anche la relazione della Guardia costiera sull'avvistamento del caicco, denominato «evento 533/2023» che, come racconta l'Adnkronos, ricostruisce gli scambi informativi di quella notte. La prima comunicazione è delle 23.37, quando la Gdf di Vibo Valentia chiama la capitaneria di Reggio Calabria chiedendo «se fossero a conoscenza della segnalazione dell'Eagle 1 (l'aereo di Frontex, ndr) precisando che si trattava di un'attività di Polizia che stava seguendo la Gdf», e avvertendo di avere già una vedetta in mare. Di fronte alla disponibilità della Guardia costiera di attivare due motovedette da Roccella e Crotone, «al telefono Roan Gdf precisava che per il momento l'attività viene gestita dalla Gdf». La Guardia costiera preallerta comunque le motovedette e, alle 23.39, avvisa il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, a Roma, spiegando che la Gdf aveva «classificato l'operazione come attività di Polizia Marittima». È questo il momento in cui l'operazione prende il binario del law enforcement e non quello del soccorso in mare. Alle 3.48, il Reparto operativo aeronavale della Gdf avverte la capitaneria di porto di Reggio che le sue due imbarcazioni sono tornate in porto per il meteo avverso senza individuare il caicco. Sia Gdf che Guardia costiera concordano sull'assenza di criticità. Ma appena 22 minuti dopo, qualcuno dal caicco telefona ai carabinieri di Crotone: la barca ha già colpito gli scogli e sta affondando. Gli uomini dell'Arma corrono alla spiaggia, ma la tragedia si è già compiuta.

Tocca al pm Festa e al capo della procura Giuseppe Capoccia capire se in quelle ore vi sono state falle, e se il problema è stato solo l'accavallamento di competenze, un pasticcio burocratico o se si possono ipotizzare responsabilità penali. Mentre il governo difende la guardia costiera: «Le regole di ingaggio le determina l'Europa e sono uguali per tutti i salvataggi».

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