Si è chiusa ieri una delle campagne elettorali tra le peggiori della storia per governare la Comunità di Madrid. Un dibattito che sarà ricordato per la violenza verbale usata dai candidati che, al posto della dialettica, si sono scambiati insulti, sfottò su presunte buste di minacce, in un clima di contrapposizione che ha ricordato la fine della Guerra Civil, secondo gli storici. Agli oltre cinque milioni di elettori della regione autonoma spagnola che ha scalzato la Catalogna, dalla classifica del Pil, per settimane è stato proposto un confronto aberrante d'insulti tra i due oppositori: Unidas Podemos e Vox.
Pablo Iglesias, stella in caduta libera con Podemos, si è impegnato pubblicamente a dipingere Vox come «pericoloso, fascista con idee violente», ma ha sortito l'effetto contrario. Ha aiutato il partito di Santiago Abascal, che candida l'ispano-cubana Rocío Monasterio, 47 anni, a presidente, a crescere generosamente di almeno tre punti nelle preferenze: secondo gli ultimi sondaggi Vox rispetto al 2019, passerebbe dall'8 al 11%, ma è più probabile che martedì superi il 12%, così da diventare il partito chiave dell'alleanza vincente composta da Isabel Ayuso Diaz, 42 anni, del Partito Popolare (Pp) e di Edmundo Bal, 54 anni, di Ciudadanos (C's). L'unione di Pp (dal 22 al 41%), C's (dal 19 al 4%) e Vox (dall'8 al 12,5%) andrebbe oltre i 69 seggi della maggioranza assoluta, così da blindare un governo di destra, non più zoppicante e ricattabile da Ciudadanos come nel precedente mandato, quando la Ayuso restituì il mandato da presidente per non soccombere e salvarsi con l'anticipo del voto, una mossa azzardata, ma azzeccatissima.
Sul lato opposto, nella battaglia per la Comunità di Madrid, il Psoe guida l'opposizione con il candidato Ángel Gabilondo, 72 anni, accademico, che ha promesso di assumere centinaia di infermieri, benché il vuoto delle casse madrilene. Punta al 19%, quando tre anni fa toccava il 27. È alleato di Mónica García Gómez, 47 anni, socialista, progressista, femminista ed ecologista, con il movimento Más Madrid, nato da una costola di Unidas Podemos. La Gómez, come Iglesias, chiede il reddito minimo universale per ogni spagnolo, e vuole il 18% partendo dal 15: i sondaggi la danno al 13. E poi c'è lui, l'ex vice primo ministro di Pedro Sánchez con cui ha sempre litigato, accademico, scrittore e conduttore tv, Pablo Iglesias, 42 anni, tra i fondatori di Podemos, diventato Unidas Podemos per strizzare l'occhio alle femministe. Parla il socialcomunismo, è repubblicano, federalista ed eco-socialista. Si gioca tutto alle regionali che hanno un profondo valore nazionale. Gli hanno spedito a casa quattro proiettili da fucile militare. Quando la Monasterio gli ha riso in faccia, dicendogli che se l'era inventato, Pablo ha perso la calma, abbandonando il dibattito pubblico in diretta tv.
Iglesias deve frenare la discesa agli inferi del partito di ex Indignados che dieci anni fa toccava il 35-40% e ora lotta per il 7-8%.
A differenza della Monasterio che ha avuto los huevos, il coraggio, di andare a parlare di cambiamento nei quartieri più poveri di Madrid, devastati da violenza e droga, lui si è mostrato irritante e irritabile, ha rimescolato le carte, lasciando la Moncloa, per ricominciare il suo sogno dal palazzetto della Comunità più potente di Spagna, ma sembra che l'incubo per lui non sia ancora passato.
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