Nella sostanza il ragazzo non ha torto. «Sono nato in Italia, cresciuto in Italia e, purtroppo, mai stato in Africa. Eppure ho ottenuto la cittadinanza italiana soltanto a diciotto anni». Se lo senti parlare in dialetto, O signùr del mé paés, fam troà 'n miliù al més, Balotelli sembra più bresciano del «pota», in più è nato a Palermo, è cresciuto nell'Inter ed è tifoso del Milan come Salvini. Che la sua famiglia, e il suo cognome, fosse Balotelli e non Barwuah, lo ribadì quando lo chiamarono per la prima volta nell'Italia, quella degli azzurri dove adesso è tornato, e i suoi genitori naturali, Thomas e Rose, si lamentarono di essere stati abbandonati: «Non voglio che parlino di me, se non fossi diventato famoso a quelle persone non importerebbe nulla di me». Balotelli di sicuro è più italiano dei parlamentari del Südtiroler Volkspartei, ed è senza averlo voluto, un ragazzo all'incrocio tra le mille frontiere del mondo globale, tra identità da definire e famiglie da ridisegnare. Cose quasi sempre più grosse di lui, cresciuto, spesso da bulletto, nel mondo parallelo ed elementare dei miliardari del pallone. Difficile tenere la testa a posto soprattutto se hai sempre avuto la cresta in disordine. Balo ha parlato spesso a sproposito e fatto cose che noi umani definiremmo ad minchiam, ha sprecato il privilegio del talento, che non è democratico né giusto né egualitario. Se non gli hanno dato la fascia di capitano dell'Italia non è perché è nero, ma perché non è Zoff, Maldini o Facchetti. Ci stanno molte cose nel suo dire e nel suo fare, anche essere maturato, come in genere impone la paternità. Ma l'esempio, per diventare simbolo, conta sempre più dei numeri.
Ieri, presentando il libro di Alessandro Alciato Demoni, è entrato a gamba tesa su Salvini («Dove andrò a giocare? - ha ironizzato -. Chiedetelo al ministro...»): «Si parla tanto di immigrazione. Non sono un politico e non voglio fare politica, però io credo che la legge debba cambiare: non sono un politico, non è il mio campo, ma se devo fare un appello per questo lo faccio». Salvini gli ha risposto via Twitter: «Caro Mario, lo ius soli non è la priorità mia né degli italiani. Buon lavoro, e divertiti, dietro al pallone».
Vero è che oggi se sei un comico crei Partiti del Futuro, se fai Grandi Fratelli diventi portavoce del governo e sei il rapper dei centri sociali sposi reginette del gossip. Ma Balo, prima di diventare Casini, dovrebbe almeno evitare di combinarne...
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