Il giudice archivia l'artista-attivista: "Azione motivata da alti valori morali"

Per i magistrati ha risarcito le spese di pulizia del Comune e ha agito per sensibilizzare sulla violenza contro le donne

Il giudice archivia l'artista-attivista: "Azione motivata da alti valori morali"

Non ce la fanno proprio a lasciare in pace il «Dito». Figuriamoci se a dare ragione agli imbrattatori si mettono di mezzo anche i giudici, che oltre a dettare sentenze si prendono la briga di stabilire il «valore morale» di questo o quell'intervento. Sì perché l'opera L.O.V.E. di Cattelan era già stata presa di mira due anni prima dell'ultima trovata degli eco-attivisti di Ultima Generazione, che ieri hanno gettato vernice arancione e verde sulla statua in piazza Affari. Quella volta da un altro artista, di minor fama - occorre dirlo - di Maurizio Cattelan. Era stato Ivan Tresoldi, street artist noto in città per le sue «poesie sui muri» e già condannato a una multa (la pena era stata sospesa) per imbrattamento nel 2018.

Il 5 marzo 2021 Tresoldi aveva dipinto di rosa l'unghia del dito medio della statua. Un gesto compiuto con un intento, per carità, ammirevole: sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema della violenza sulle donne. «Perché ogni uomo si ricordi sempre che se è vivo, lo deve sempre e comunque a una donna. L.O.V.E. assai», le parole di Tresoldi, difeso nell'indagine dall'avvocata Angela Ferravante.

Ebbene, visto che al di là della nobiltà degli scopi, pur sempre il granito era stato imbrattato, il «buon» poeta di strada era stato denunciato. Dal comune, proprietario dell'opera, in primis. E poi anche dalla Lega, in particolare da Alessandro Morelli, già direttore di Radio Padania.

Passano quindi due anni, la vicenda ripiomba nel silenzio. E così, sorpresa, proprio pochi giorni prima che il «Dito» ritorni sulle prime pagine dei giornali grazie agli eco-attivisti, il gip decide di archiviare l'inchiesta per imbrattamento e accogliendo così la richiesta di archiviazione della Procura. Come mai? Scorrendo la richiesta della pm Pirotta al giudice, è stato preso in considerazione il risarcimento da 1.796 euro bonificati dallo stesso Tresoldi al comune di Milano che quindi - incamerati i denari per la riparazione del danno - ha deciso di rimettere la querela.

«La condotta riparatoria dell'indagato - scrive la Procura - non solo ha eliminato le conseguenze dannose del reato ma ha confermato l'intento soggettivo che lo aveva motivato, ossia l'effettiva sensibilizzazione sul tema dei diritti in genere per esprimere, con un messaggio effimero, solidarietà in occasione della ricorrenza dell'8 marzo Giornata internazionale dei diritti della donna». D'altronde era stato lo stesso Cattelan a commentare così la verniciatura rosa di Tresoldi: «Il vandalismo quando è gratuito è violenza, ma se posso dare un dito a qualcuno per sensibilizzare su un tema importante come il rispetto delle donne mi dispiace allora che manchino le altre quattro».

«Il fine dello street artist non era sicuramente quello di danneggiare, men che meno di imbrattare o deturpare l'opera di Cattelan - scrive ancora la Procura - ma solo quello di veicolare un messaggio di valore morale e di sensibilizzazione

culturale e sociale attraverso il linguaggio artistico, concretizzandolo in una installazione temporanea, che non ha intaccato né deteriorato l'opera, né nella sua interezza né sulla porzione interessata dalla pittura».

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