Ci mancava solo la pioggia. Che certo è un sollievo generale dopo settimane di siccità, ma si concentrerà (a vedere le previsioni meteo di oggi) sulle primarie del Pd, dal mattino alla sera.
Un disincentivo, temono al Nazareno, per la partecipazione ai gazebo, che saranno aperti oggi in tutta Italia dalle 8 alle 20. Un guaio, si preoccupano soprattutto dalle parti di Elly Schlein, per chi sognava un'affluenza superiore alle previsioni ai seggi, che potesse ribaltare il responso dato dagli iscritti dem nei congressi. Il sondaggista Carlo Buttaroni di Tecnè aveva fatto qualche settimana fa una stima di 600mila probabili partecipanti, aggiungendo però che se l'afflusso si rivelerà più massiccio e supererà il milione, fare previsioni sul risultato diventa impossibile. Ed è su questo (la mobilitazione capillare di esterni, sinistra radical, grillini etc) che punta tutte le sue carte la candidata Schlein. Stefano Bonaccini si mostra più fatalista sul numero dei votanti: «Non può esserci un'asticella, perché dovremo farci bastare chi viene. Noi speriamo che siano tanti, e disposti a sfidare anche la pioggia».
Se il ribaltone non dovesse avvenire, e l'esito delle urne (che dovrebbe essere noto dalla serata di domani) confermasse la vittoria tra gli iscritti di Bonaccini, lo staff di Schlein è già pronto a contestarlo e a lanciare sulla vittoria del competitor l'ombra dei «brogli» e delle «truppe cammellate». Da giorni si prepara il terreno ad una campagna di sapore un po' trumpista («Stop the steal»), rinfacciando al favorito della vigilia il sostegno di ras locali di peso, come il governatore della Campania Vincenzo De Luca: «Abbiamo bisogno che siano accesi i riflettori in tutti i seggi della Campania - è l'allarme lanciato dallo «schleiniano» Sandro Ruotolo in un appello ai militanti - Se state lì e notate qualcosa che non torna chiamateci, contattateci sulle nostre pagine social, noi verremo subito sul posto. Il voto deve essere libero».
Bonaccini invita invece ad abbassare i toni e evitare le polemiche interne: «Da domani - dice -dobbiamo tornare tutti insieme, toglierci le magliette che abbiamo indossato in questa campagna, e se io dovessi prevalere chiederò a Elly, ma anche agli altri due contendenti (Gianni Cuperlo e Paola De Micheli, eliminati al primo turno, ndr) se hanno voglia di darmi una mano. L'avversario è la destra, non qualcuno all'interno del partito democratico».
Su Elly continuano ad abbattersi, però, dichiarazioni di voto assai vintage che rischiano di offuscare quell'appeal nuovista su cui Schlein si è molto concentrata: ieri è stata la volta di Pierluigi Bersani, il segretario Pd (poi scissionista) del lontano 2009; del disastro della «non vittoria» del 2013; del primo, imbarazzante tentativo di accoppiarsi con i Cinque Stelle in un fantomatico «governo del cambiamento» (memorabile il tragico incontro in streaming in cui riuscì a farsi strapazzare persino dal catalettico Vito Crimi). E poi del capolavoro sul Quirinale, con la trombatura di Franco Marini e quindi di Romano Prodi: «Voterò Elly Schlein perché segnala con più coraggio l'apertura al cambiamento», annuncia solenne.
Lei, impavida, proclama: «Mi candido a cambiare tutto, i volti, il metodo e anche la visione: caccerò via capibastone e cacicchi». Con Bersani, Bettini, Franceschini, Orlando e gli altri suoi supporter.Intanto, a quanto pare, le primarie fanno bene al Pd, che risale nei sondaggi a sopra il 17% e supera i Cinque Stelle, in calo.
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