Pubblichiamo oggi la prima parte di una lunga intervista a Silvio Berlusconi, sabato in edicola la seconda puntata.
Presidente Silvio Berlusconi cominciamo dalla politica estera come si faceva una volta: quanto sta avvenendo in estremo oriente con la politica aggressiva della Cina verso Taiwan e le tensioni con gli Stati Uniti dimostra che la destabilizzazione degli equilibri globali non si ferma all'Ucraina. È un errore sottovalutare l'espansionismo di Pechino?
«È un grave errore che denuncio da molto tempo. La crisi ucraina ha portato la guerra nel cuore dell'Europa ed è naturale che la nostra attenzione sia concentrata su questo, ma non ho dubbi sul fatto che l'avversario sistemico con il quale l'Occidente si dovrà confrontare nel 21° secolo sia la Cina, proprio come l'Unione Sovietica lo è stata nel 20° secolo. La visita della Presidente Pelosi a Taiwan è stato il pretesto che Pechino ha colto per una prova di forza, che trova l'Occidente distratto dalle vicende ucraine e poco voglioso di aprire un altro fronte. Eppure la salvaguardia dell'attuale assetto dello stretto di Taiwan costituisce da decenni una linea invalicabile per tutto l'occidente. È il faticoso compromesso raggiunto da Nixon con la Cina di Mao in cambio del riconoscimento del regime comunista come unico rappresentante legittimo della Cina».
Quindi oggi cosa rischiamo concretamente?
«Se davvero Pechino intende mettere in discussione questo assetto e in pericolo l'ordinamento democratico di Taiwan, le conseguenze potrebbero essere gravissime, perché a trovarsi a rischio sarebbero anche molti paesi asiatici legati all'Occidente, dal Giappone alla Corea del Sud, da Singapore all'Australia. Se a questo si aggiungono gli effetti dell'espansionismo economico della Cina in Asia e in Africa (la grave crisi politico-economica dello Sri Lanka è un esempio di quanto può accadere ad un Paese che si affida alla penetrazione economica di Pechino), la presenza della flotta cinese a Gibuti, che significa il controllo delle rotte dell'Oceano Indiano, la penetrazione in Africa, che favorisce i flussi migratori verso l'Europa, l'acquisizione di infrastrutture strategiche in Occidente attraverso la politica cosiddetta della Via della Seta, tutte queste cose disegnano un quadro espansionistico estremamente pericoloso. L'imperialismo delle antiche dinastie cinesi coniugato al moderno totalitarismo comunista. Ne deriva un quadro che vede gli Stati Uniti sempre più direttamente orientati al confronto diretto con la Cina nel Pacifico e di conseguenza in prospettiva più distaccati dagli affari europei. Da qui la necessità per l'Europa di diventare un soggetto politico e militare autonomo, sia pure in uno stretto legame con gli Stati Uniti. È da tutto questo che dipende il nostro futuro, molto più che dalle limitate questioni della politica italiana».
Gli esponenti del Pd, a giorni alterni, rimarcano le riserve che lei avrebbe espresso sulla politica adottata dall' Occidente contro la Russia per l'aggressione all'Ucraina. Strumentalizzano il suo rapporto con Putin in chiave elettorale. Cosa ne pensa?
«Penso che sia un'operazione davvero di basso profilo. Il mio rapporto con Putin si collocava in momenti storici diversi ed è stato funzionale a tentare di costruire un rapporto con Mosca - del resto concordato con i nostri amici americani ed europei - che inserisse la Russia in un ordinamento pacifico dell'Europa e dell'Occidente, basato sul diritto internazionale. A Pratica di Mare, quando Russia e Nato posero fine a 50 anni di guerra fredda, l'obbiettivo sembrava a portata di mano. Ma tutto questo appartiene al passato. Ora la nostra posizione è chiarissima. È quella del nostro governo, dell'Europa, dell'Alleanza Atlantica. La Russia ha violato la legalità internazionale ed oggi è un Paese aggressore. L'ho ripetuto mille volte e mi offende doverlo ripetere ancora. Il nostro atlantismo è coerente da decenni, a differenza della sinistra che ha cavalcato l'antiamericanismo e un pacifismo a senso unico fino a pochissimo tempo fa. Proprio la sinistra ha il coraggio di sollevare dei dubbi? Proprio il Pd che giusto ieri si è alleato con chi, una settimana fa, in Parlamento, ha votato contro l'allargamento della Nato?»
Torniamo in Italia. Il campo largo di Letta è nel caos. Ha perso pure Calenda. Non le pare che l'errore sia alla radice della politica scelta dal segretario del Pd, cioè quella di una chiamata alla mobilitazione contro il centro-destra, considerato un nemico e non un avversario, che rappresenta un vero ritorno al passato? Uno schieramento in cui Letta ha tentato di mettere tutto e il suo contrario, senza immaginare un minimo di omogeneità programmatica per dar vita ad un governo alternativo.
«Proporre una specie di comitato di liberazione nazionale del 21° secolo, come se ci fossero i nazisti da combattere, è un'operazione che francamente fa un po' sorridere, e non rende un buon servigio alla politica. Tutto questo dà la misura della confusione, della mancanza di idee ed anche della paura del maggiore partito della sinistra. Il Pd da molti anni governa pur senza aver mai vinto le elezioni. Ricordo che l'ultimo presidente del Consiglio indicato dagli italiani con il voto sono stato io, nel 2008. Da allora il governo del Paese è dipeso da manovre di palazzo, sulla testa degli elettori. Ora tutto questo sta per finire. Il 25 settembre gli italiani sceglieranno finalmente da chi vogliono essere governati».
Per lei la scelta prima di Renzi e poi di Calenda di non far parte del cosiddetto campo largo è la dimostrazione che il Pd sta di nuovo seguendo la strada del populismo di sinistra? Nei fatti ha messo da parte Draghi ed è risucchiato nelle logiche che avevano portato alla nascita del governo giallo-rosso, del Conte due
«Non darei troppa importanza a quello che fanno Renzi e Calenda, sia perché è totalmente imprevedibile, sia perché si tratta di due figure abili all'interno dei palazzi ma ben lontane dal cuore della gente. Certo fa sorridere che l'ex Segretario del Pd e un parlamentare europeo eletto nel Pd scoprano solo ora che il Partito democratico è un partito di sinistra che non tollera concorrenti alla sua sinistra: pas d'ennemis à gauche, come dicevano i francesi all'epoca della terza repubblica. Per la sinistra quasi un secolo di storia è passato invano».
Anche Calenda, con il suo andare con Letta e poi tornare indietro, ha dimostrato comunque dove batte il suo cuore: non è detto all'indomani del voto non torni a guardare verso il Pd, non crede?
«Francamente è probabile, ma è anche irrilevante».
Detto questo è chiaro che ora Renzi e Calenda stiano immaginando di mettere in piedi insieme o separati ancora non è chiaro - un terzo polo, che interpreti le istanze dell'elettorato moderato prendendo come riferimento le politiche di Draghi: Presidente esiste questo spazio?
«Le ripeto, queste sono tutte manovre di palazzo, è quello che io un tempo amavo definite teatrino della politica. Il vero centro, come in tutt'Europa, è quello che gravita intorno al Ppe, e che noi orgogliosamente rappresentiamo in Italia. Si tratta della maggiore famiglia politica europea ed ha una collocazione ben chiara, in alternativa alla sinistra».
Al di là delle «chance» del terzo polo è chiaro che questo soggetto punti all'elettorato moderato. Non crede che la coalizione di centrodestra, nel suo insieme, dovrebbe fare uno sforzo ulteriore per presidiare il rapporto con il ceto medio, con le partite Iva, con tutti quei mondi che danno vita all'area moderata? Dentro la coalizione un ruolo del genere può svolgerlo solo Forza Italia che ne è riferimento naturale, o no? I pronostici sono favorevoli ma se si sottovaluta questo argomento c'è il rischio, in termini teorici, di mancare la vittoria completa per un soffio?
«Una cosa è certa, ogni voto in più a Forza Italia rafforzerà il profilo moderato, centrista della coalizione. Noi siamo diversi dai nostri alleati, pur avendo con loro un rapporto di profonda lealtà e collaborazione. Siamo i soli a rappresentare allo stesso tempo e in modo coerente le migliori tradizioni politico-culturali italiane: quella liberale, quella cristiana, quella garantista, quella europeista, quella atlantica.
Il centrodestra governerà il Paese, ma maggiore sarà il peso specifico di Forza Italia nella futura maggioranza, maggiore sarà l'influenza di queste idee sull'azione di governo. Anche per questo, votare per noi è il solo voto utile per chi si considera centrista e moderato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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