Esilio in vista per gli eritrei. Netanyahu punisce le violenze

L'immediata espulsione degli eritrei coinvolti nelle rivolte di sabato a Tel Aviv. È la difficile misura che Israele sta prendendo in considerazione

Esilio in vista per gli eritrei. Netanyahu punisce le violenze
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L'immediata espulsione degli eritrei coinvolti nelle rivolte di sabato a Tel Aviv. È la difficile misura che Israele sta prendendo in considerazione, insieme alla cancellazione dei permessi di lavoro e alla promozione di una nuova legge fondamentale sull'immigrazione. Ed è anche la prima risposta all'esplosione di violenza di sabato quando circa 170 persone sono rimaste ferite negli scontri con la polizia e tra gruppi di sostenitori e oppositori del regime di Asmara. Fino a ieri sera erano circa 50 gli arresti tra gli eritrei.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu è subito intervenuto: «Una linea rossa è stata superata. È stato teppismo, spargimento di sangue, una furia che non possiamo accettare», ha tuonato. Ha inoltre ordinato un nuovo piano per allontanare tutti i migranti africani entrati illegalmente. Il premier ha usato poi parole molto dure, ovvero che l'immigrazione costituisce «una minaccia reale al carattere e al futuro di Israele come Stato ebraico e democratico». Subito gli ha fatto eco il ministro della cultura Miki Zohar: «Coloro che si ribellano per le strade, distruggono negozi e aggrediscono gli agenti di polizia devono essere puniti severamente e deportati immediatamente». Mentre il leader dell'opposizione Yair Lapid si è scagliato contro l'esecutivo e ha scritto su X: «Questo governo ha promesso di gestire la crisi dell'immigrazione. Come al solito, la situazione è solo peggiorata e regna il caos». Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ieri ha visitato il luogo dei disordini e ha promesso che tutte le persone coinvolte «saranno affrontate». Ma i residenti lo hanno fischiato, accusato di non aver mantenuto le promesse di riportare ordine nelle strade e gli hanno gridato: «Vergogna!». Un manifestante gli ha poi chiesto: «Quanto vieni pagato? Sembra che tu abbia un programma di sinistra». Mentre il ministro della giustizia Yariv Levin ha fatto notare che le rivolte hanno dimostrato la necessità di una riforma giudiziaria.

Poi è arrivato il commento del ministro delle finanze Bezalel Smotrich: «Le rivolte di sabato sono state solo un'anteprima di ciò che ci aspetta se non riportiamo gli infiltrati nelle loro terre d'origine». Nel paese sono presenti circa 30mila migranti africani, per lo più provenienti dal Sudan e dall'Eritrea, e molti di loro sostengono di essere rifugiati dalla guerra e dall'oppressione.

La maggior parte è arrivata in Israele attraverso l'Egitto nel 2007-2012, prima che Israele costruisse una barriera lungo il confine nel deserto. Le rivolte di sabato hanno riportato la questione dei migranti nell'agenda politica, in un momento in cui Israele è già diviso sulla controversa riforma giudiziaria del governo.

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