Prima esultavano per i nemici indagati. Ora i grillini scoprono il garantismo

Conte: "Notizia enfatizzata". Ma in passato invocavano la forca contro Renzi e la Guidi

Prima esultavano per i nemici indagati. Ora i grillini scoprono il garantismo

È il 18 dicembre 2018 quando diventa legge la cosiddetta «Spazzacorrotti», che comprende le modifiche introdotte al reato di traffico di influenze illecite che oggi colpisce Beppe Grillo nell'inchiesta milanese. Il Movimento cinque stelle scende a festeggiare davanti a Montecitorio. «Bye Bye corrotti», il cartello sventolato da Luigi Di Maio. «Aspettavamo questa legge dai tempi di Mani pulite. Nulla sarà più come prima - le sue parole - oggi diamo gli strumenti alle forze dell'ordine per prendere chi mette le mani nella marmellata. E obblighiamo i partiti a rendicontare tutti i soldi che prendono, così sapremo per chi governano il giorno dopo le elezioni». Accanto ad applaudire anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, volto della vittoria più importante del M5s al governo. La legge anticorruzione è dedicata «a tutti i cittadini onesti, oggi è una giornata storica».

È ricordando oggi quella piazza che la dichiarazione garantista del leader del M5s Giuseppe Conte suona come una sconfessione di fatto di tutti i mantra grillini: «Esprimo vicinanza a Grillo, sono fiducioso - ha detto ieri - Ho visto che molti giornali hanno enfatizzato la notizia di questa indagine», ma «sono assolutamente fiducioso che le verifiche in corso dimostreranno la legittimità del suo operato».

Poche parole che certificano il l'inversione di rotta dopo le feroci battaglie contro gli avversari colpiti dalle inchieste. Senza riavvolgere il nastro agli anni ruggenti delle liste di proscrizione al grido di «ecco tutti gli indagati del Pd» rilanciate da Grillo, solo pochi mesi fa quando la Procura di Firenze ha chiuso le indagini sulla Fondazione Open che coinvolgono Matteo Renzi e altre undici persone per finanziamento illecito ai partiti, i cinque stelle erano andati all'attacco così: «13 domande a tutela del confronto democratico #RenziRispondi», titolava il lungo post pubblicato dal M5s. «Queste domande sono poste nell'interesse di tutti i cittadini, a garanzia dei principi di piena trasparenza e accountability, che devono contraddistinguere l'operato di tutti i politici e che sono fondamentali per alimentare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella classe politica. Su questi aspetti il M5s non è disponibile ad arretrare di un millimetro. È questione di etica pubblica. Senza coscienza morale, il nostro Paese non ha futuro». E ancora quando il padre di Renzi, Tiziano, rinviato a giudizio nell'inchiesta Consip proprio per traffico di influenze illecite l'hashtag è diventato #Renziconfessa. Di Maio ricordava che sotto indagine c'erano «il padre e il braccio destro» dell'ex presidente del consiglio (Tiziano Renzi e Luca Lotti) e che l'imprenditore arrestato questa mattina (Romeo ndr) finanziava la Fondazione con cui Matteo Renzi sta girando l'Italia e sta facendo campagna elettorale per le primarie Pd».

Quando nel 2016 l'inchiesta per traffico di influenze illecite travolse l'allora ministra Federica Guidi, costringendola alle dimissioni, la campagna grillina anticorrotti fu martellante. Il tenore dei commenti: «Io non ho più parole per dire quanto ribrezzo mi diano questi schifosi al Governo. Gentaglia che mette gli interessi personali, spesso illeciti, davanti alla salute e al benessere degli italiani», scriveva Manlio Di Stefano su Facebook.

Oggi tra i destinatari delle chat di Grillo con le presunte pressioni ipotizzate dai pm per favorire Moby ci sarebbe anche Danilo Toninelli, l'ex ministro dei Trasporti che ha combattuto ferocemente contro Autostrade fino alla revoca della concessione, cantando vittoria così: «Abbiamo posto fine a una mangiatoia per politici e privati».

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