La fronda no Mes nel M5s avanza e sogna di far cascare il governo Conte. La faida grillina si arricchisce di un nuovo capitolo: Alessandro Di Battista incassa l'appoggio del presidente della commissione bicamerale Antimafia Nicola Morra. Mentre tra i parlamentari vicini al ministro degli Esteri Luigi di Maio cominciano a circolare i primi malumori e dubbi sulla linea a favore del fondo salva Stati. Il primo che potrebbe saltare nella schiera del Dibba è Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa. Tra i firmatari del documento contro il Mes, spedito al capo politico dei Cinque stelle Vito Crimi, c'è il nome di Emanuela Corda, fedelissima di Tofalo. Il sottosegretario teme di dover mollare la poltrona in un eventuale rimpasto, e dunque sta per passare con il nemico Di Battista. Ma non c'è solo lo strappo sul Mes che fa implodere i Cinque stelle. I dissidenti preparano un altro affondo contro l'esecutivo: la bocciatura del decreto Calabria bis. Alla testa del nuovo fronte c'è il senatore Morra: il presidente dell'Antimafia puntava ad avere Gino Strada nel ruolo di commissario alla Sanità in Calabria. Il decreto dovrebbe essere riconvertito in legge nelle prossime settimane. C'è il rischio (altissimo) di uno sgambetto in Senato. Le mine sotto il terreno del governo Conte sono tante. La coppia Di Battista-Casaleggio non tratta: vuole affondare l'esecutivo. Ad ogni costo. E riprendere in mano la guida del Movimento. Che il clima tra i grillini sia esplosivo lo confermano le parole di Luigi di Maio all'assemblea congiunta dei gruppi parlamentari che si è tenuta venerdì. Il ministro degli Esteri rimette i panni del leader, provando a convincere la fronda dei dissidenti a deporre le armi. Di Maio è duro. E lancia avvertimento: «Io sono stato eletto in un collegio dove il M5s ha preso una delle percentuali più alte in Italia. Non ho alcun problema ad essere rieletto in Parlamento e rifare il ministro». «Non credo rincara Di Maio che molti di voi possano stare tranquilli. Se casca il governo, molti non saranno rieletti».
L'ex capo dei Cinque stelle fa leva, dunque, sul timore di tanti di dire addio alla poltrona in Parlamento. E forse potrebbe essere propria la paura di restare disoccupati l'arma per disinnescare la bomba Dibba sotto il governo Conte. Se l'intervento di Di Maio apre una riflessione anche tra i duri e puri. Arrivano fischi (virtuali) dopo gli interventi di Crimi e del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, capo-delegazione dei Cinque stelle al governo. Spetterà ancora a Di Maio sbrogliare la matassa e trovare una via d'uscita.
E i suoi sherpa sono già al lavoro. Molto attivo il giovane parlamentare Luigi Iovino che sta provando a far desistere i colleghi dissidenti da un voto contro Conte. Crimi mostra serenità: «Quella che si voterà mercoledì 9 dicembre è una risoluzione del presidente Conte. Sono convinto che la risoluzione che approveremo sarà unitaria e ci porterà a guardare oltre la riforma del Mes». Il capo reggente annuncia la svolta sulla nuova leadership: «Sono gli iscritti che decidono chi fa il capo politico e chi entrerà nel direttorio. La settimana prossima ci sarà la votazione sulla leadership di un M5s che vuole essere una forza di governo proiettata nell'Ue che vogliamo riportare ad essere comunità». Mentre il sottosegretario all'Economia Alessio Villarosa (vicino al Dibba) chiede una votazione sul Mes: «Se si vuole cambiare idea sulla riforma del Mes, lo si fa con una votazione tra i parlamentari o ancora meglio, una votazione tra gli iscritti, così il gruppo verrebbe legittimato a cambiare idea. Abbiamo a disposizione uno strumento come Rousseau, usiamolo.
Inoltre se servissero fondi per le casse dello Stato, si può tranquillamente iniziare facendo pagare alla Chiesa Imu e Ici arretrata, e in più una patrimoniale sui super ricchi, così la smettiamo di parlare di quello strumento inutile chiamato Mes».
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