Arrestato dai carabinieri, liberato dal pm. È successo a Parma e tutto per un «baco», un difetto, giuridico. Un contrasto tra norme «al quale bisognerebbe porre rimedio». La storia, purtroppo, è una delle tante, troppe, che accadono ovunque. Un uomo viene allontanato dalla compagna perché violento e pericoloso. Provvedimento emesso da un gip dopo una serie di denunce per maltrattamenti, lesioni, minacce, stalking. Il soggetto, 51 anni, non molla e, nonostante il divieto di avvicinamento, mercoledì si presenta a casa della donna. Con lei c'è la madre anziana. Non gli aprono, lui insiste con calci e pugni alla porta. Sono terrorizzate le due donne, l'anziana telefona al 112. E quando arrivano i carabinieri c'è poco da capire. L'ordinanza è violata e c'è pure la flagranza di reato. Le nuove norme introdotte nel 2019 dalla legge 69, Codice rosso, sono chiare. In caso di violazione si va in galera. Basta inoltrare la richiesta di convalida al pm e la storia è finita. In teoria. Nella realtà il pm deve respingere la richiesta e liberare l'arrestato.
Perché? «È un'anomalia» spiega il procuratore capo di Parma Alfonso D'Avino. In pratica «il pubblico ministero, al quale viene trasmesso il verbale di arresto per la convalida, non può richiedere nessuna misura coercitiva ma deve disporre la liberazione. Una situazione paradossale - continua D'Avino, dal 2018 a capo della Procura parmense - che si è venuta a creare dopo che, con la legge 134 del 27 settembre 2021 (in vigore dal 19 ottobre) è stato introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato secondo l'articolo 387 bis. Tuttavia non è stata modificata la norma che prevede i casi nei quali il pm può chiedere la misura coercitiva; la conseguenza è che, come nell'episodio in questione, all'arresto obbligatorio da parte della polizia giudiziaria deve seguire l'immediata liberazione da parte del pubblico ministero». Insomma, una legge impone l'arresto, dunque il carcere per quanti «disobbediscono» ai divieti imposti a salvaguardia delle vittime di violenza, una vecchia norma, ancora in vigore, la annulla. O meglio, prevede la possibilità di liberare l'arrestato nonostante abbia infranto l'obbligo. Alla notizia della scarcerazione il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, si dice indignato «come cittadino e come istituzione. C'è qualcosa che non funziona in questo Paese spiega - c'è qualcosa che non funziona nella legge che deve essere ferrea, incisiva, efficace ed efficiente. Stiamo parlando di una donna sotto pericolo che ha tutto il diritto di vivere in piena serenità e tranquillità la propria vita. Di fronte a questo non si può rimanere indifferenti né si può considerarlo una cosa normale. Le leggi se non funzionano vanno cambiate».
Una situazione paradossale denunciata anche da altre Procure e al centro di una direttiva del 21 ottobre della stessa Procura di Parma inviata al ministero della Giustizia allo scopo di «porre in rilievo il contrasto di norme. Ma non sono stati registrati interventi correttivi o indicazioni su una diversa modalità di interpretazione». Insomma, tutto tace dal dicastero di via Arenula mentre il 51enne, e molti altri come lui, è tornato in libertà. Libero di avvicinarsi, minacciare o peggio.
Eppure esiste una misura cautelare introdotta dal Codice rosso per evitare che la persona offesa venga avvicinata: il braccialetto elettronico. Se il divieto viene violato la stessa legge prevede, in teoria, dai sei mesi ai tre anni di carcere.
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