La figlia di Floyd: "Papà? Ha cambiato il mondo". E Obama entra in gioco

Il video della piccola, mentre l'accusa diventa "omicidio volontario". Arresto per i poliziotti

La figlia di Floyd: "Papà? Ha cambiato il mondo". E Obama entra in gioco

Non poteva mancare la sua voce. Impossibile, per l'America in rivolta contro gli abusi a sfondo razziale, dover aspettare ancora il messaggio del suo Messia. Barack Obama non ha voluto e potuto più indugiare. Ha deciso di parlare nel pomeriggio americano (le 23 in Italia), non un giorno qualsiasi, ma a 48 ore esatte dal discorso del suo successore, Donald Trump, che dal Giardino delle Rose della Casa Bianca si è attribuito il titolo di «presidente della legge e dell'ordine» e ha scelto di sventolare la Bibbia di fronte al sagrato di una chiesa, promettendo di difendere gli americani pacifici. Questo mentre «omicidio volontario» e non più colposo è l'accusa aggiornata contro Derek Chauvin, il poliziotto ritenuto responsabile del soffocamento di Floyd. E anche per gli altri tre agenti c'è l'ordine di arresto, con cauzione fissata a un milione di dollari.

Ora tocca a Obama, l'altra faccia del Paese, quella più vicina ai manifestanti. Tocca al primo presidente nero della storia d'America, il leader che ha portato alla Casa Bianca la moglie Michelle, prima e unica first-lady a discendere da una famiglia di schiavi e papabile futura vice-presidente degli Stati Uniti (ma lei ha sempre smentito), se il democratico Joe Biden ce la facesse alle prossime presidenziali. Obama sa che la posta in gioco è altissima. L'America brucia di rabbia contro l'odio razziale dopo la morte a Minneapolis di George Floyd e le prepotenze a sfondo discriminatorio delle forze dell'ordine. Di mezzo c'è la stabilità degli Stati Uniti, la coesione sociale di una superpotenza già flagellata dall'emergenza sanitaria ed economica, sotto choc per i quasi 110mila morti provocati dal coronavirus e per le diseguaglianze sociali che il Covid-19 ha rimesso prepotentemente sotto i riflettori. C'è il presente, ma c'è anche il futuro immediato, adesso che mancano 5 mesi a Usa 2020, le elezioni presidenziali che decideranno se l'epoca Trump è chiusa o è solamente a metà strada.

Ma il presidente non fa sconti, come nel suo stile. Nessuna benevolenza, nessuna giustificazione per quegli eccessi di violenza che stanno dilagando nelle strade d'America. La battaglia sui diritti - lo ha scritto appena lunedì in un intervento sul sito Medium - si vince alle urne. Con la partecipazione politica attiva. «Le aspirazioni devono essere tradotte in leggi specifiche e pratiche istituzionali. E in una democrazia questo accade solamente se eleggiamo rappresentanti governativi che rispondano alle nostre richieste».

È una chiamata alle armi, ma quelle della politica attiva. Ed è anche un modo per smarcarsi dalle degenerazioni della protesta. È la campagna elettorale che da qui a novembre non potrà più ignorare i fatti dopo la morte dell'afroamericano Floyd in Minnesota. Ma è anche l'appello ai manifestanti a non pensare che la protesta possa andare avanti ancora così e ancora a lungo. «Qualcuno sostiene che gli attuali problemi a sfondo razziale, nel nostro sistema criminale e giudiziario provano che solamente le proteste e l'azione diretta possano portare il cambiamento. Non potrei essere più in disaccordo», ha già scritto Obama. Serve la politica. E in campagna elettorale è arrivata adesso l'influenza di un peso massimo.

L'America si commuove di fronte alle lacrime e alla richiesta di giustizia dei familiari della vittima. «Papà ha cambiato il mondo», dice Gianna, la figlia di George Floyd in un video diventato virale in poche ore e postato sui social network da un amico dell'afroamericano morto dopo il fermo della polizia, l'ex giocatore Nba Stephen Jackson. Poche ore prima la bimba era apparsa al fianco della mamma, Roxie Washington, che ha parlato per la prima volta tra le lacrime. «Voglio solo giustizia, perché George era un brav'uomo. Non sono ancora riuscita a dirle cosa è successo.

Le ho solo detto che suo padre è morto perché non poteva respirare». Intervistata dalla Abc, anche la piccola, 6 anni, ha detto: «Da grande voglio diventare un medico per aiutare gli altri. Papà mi manca, voleva sempre giocare con me».

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