Folle narrazione sulla Meloni

Sembra di stare in una scena del teatro elisabettiano e invece quella frase sciagurata arriva dall'emiciclo del Parlamento europeo: "La Meloni ha le mani sporche di sangue".

Folle narrazione sulla Meloni

Sembra di stare in una scena del teatro elisabettiano e invece quella frase sciagurata arriva dall'emiciclo del Parlamento europeo: «La Meloni ha le mani sporche di sangue». Non è il palco, ma la politica feroce di questi giorni, avvelenata dal naufragio di Cutro. Così Sonja Giese, la portavoce del gruppo Ue The Left, pronuncia quelle parole terribili che additano la premier italiana come una leader senza morale. Curva sullo specchio a contemplare il proprio potere.

Anche quello però traballa vistosamente nella narrazione che i progressisti sviluppano a corredo della giornata calabrese della premier. Non bastava la Meloni che avrebbe riportato a Palazzo Chigi il fascismo, o avrebbe scassato i conti dello Stato, o ancora alla testa di una coalizione sul punto di spaccarsi come un iceberg alla deriva. No, ora l'accusa si fa più sottile e cupa, quasi un contrappasso dopo la festa dell'8 marzo celebrata al Quirinale, fra mazzi di mimose e nuvole di selfie.

Ora si scopre che quel momento di popolarità e consenso era un inganno, come il mattino di una celebre poesia di Montale. La realtà nella bolgia di Cutro si fa più cruda e ogni respiro, ogni passo, ogni sillaba diventano lo sgabello per costruire una versione inedita del personaggio fin qui tutto d'un pezzo: no, Meloni è solo una marionetta balbettante e spaurita, gestita dal redivivo Salvini che vince alla grande l'eterno conflitto apparecchiato tutti i giorni da giornali e tv. «Meloni comprimaria di Salvini», scrive il Fatto quotidiano che poi aggiunge: Meloni «fa una gaffe dietro l'altra in conferenza stampa e viene surclassata dal vicepremier della Lega, Matteo Salvini che riesce ad inserire alcune norme dei decreti Sicurezza». Alcune, perché in realtà quei decreti restano nel cassetto chiuso di un'altra epoca e anzi il nuovo testo spende i primi cinque articoli per potenziare i flussi dell'immigrazione regolare. Una svolta.

La questione è complessa e pone un'infinità di problemi che il governo Meloni prova a fronteggiare favorendo i flussi regolari e mostrando il pugno di ferro agli scafisti. Funzionerà? Non importa. La colonna sonora è sempre la stessa: ha vinto Salvini, che fino a 24 ore prima era considerato un perdente; ora i ruoli si invertono e la signora che solo l'8 marzo era dipinta come una leader travolgente, circondata dall'ammirazione generale, precipita come una comparsa scialba, una seconda o terza fila divorata dall'ambizioso ministro delle infrastrutture. «Ci ha deluse la premier - osserva sui social l'eurodeputata del Pd Alessandra Moretti - l'hanno votata per stare un passo davanti ai suoi alleati e invece era un passo indietro a Salvini».

La leader invincibile si scioglie in pochi minuti; adesso è la spalla fragile del Salvini di lotta e naturalmente questo racconto ne contiene un altro: la grande rincorsa verso Palazzo Chigi è servita a poco, la rotta la tracciano sempre gli uomini. Anche se quei maschi sembravano in difficoltà fino a un attimo prima. Una donna che annaspa e ha smarrito la sensibilità femminile: «Quello a Cutro - twitta il senatore Pd Graziano Delrio - è stato un viaggio indifferente alla sofferenza».

È la premessa dell'attacco lanciato dalla portavoce della Sinistra Ue: le mani grondanti di sangue, che provoca la risposta lapidaria del gruppo FdI-Ecr: «Siamo inorriditi». Insomma, oggi per certa gauche la premier è un mostro di cinismo o un mostriciattolo manovrato dalla Lega. Un'opposizione che delegittima l'avversario ma non affronta il dramma del mare.

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