Forbici, nastri e lavatrici le atroci armi quotidiane delle madri assassine

Nove volte su dieci a uccidere un bambino è chi lo ha messo al mondo. In modo atroce

Forbici, nastri e lavatrici le atroci armi quotidiane delle madri assassine

Nove volte su dieci a uccidere una bambino è la mamma. Non un assassino che viene dal buio, non qualcuno che non conosci, ma la donna che ti ha messo al mondo, che si è presa cura di te, che ti ama più della sua stessa vita. Sono le armi usate che fanno impressione, le cose di tutti i giorni trasformate in strumenti di morte. A Santa Caterina Valfurva a uccidere una bambina di otto mesi è stata la lavatrice. Mamma l'ha messa lì dentro e poi ha attivato il lavaggio, alla fine ha depositato il corpicino sul cestello come fosse un calzino da asciugare. A Vieste a soffocare due fratellini, uno di cinque, l'altro di un anno è stato il nastro adesivo incollato sulla bocca, a Parabiago a strangolare un bimbo di quattro è il cavo del cellulare. Francesca Sbano, trentunenne, di Carovigno, provincia di Brindisi, alla sua piccola di tre anni ha dato invece da bere del diserbante. Poi si è gettata dal secondo piano di casa, dove da due mesi viveva separata dal marito. Lascia un biglietto: «Benedetta la porto via con me». Al funerale le due bare sfilano insieme, i reni di mamma verranno donati per dare vita a un'altra vita. Daniela Falcone, 43 anni, cosentina di Rovito, ha sgozzato il piccolo con le forbici. Era andata a prenderlo a scuola, gli aveva promesso che lo avrebbe portato in montagna.

L'annegamento è la scelta più tragica in questo campionario degli orrori. La vasca da bagno a Lecco, il piccolo aveva solo cinque anni, il pedalò a Grosseto, nelle acque della Feniglia. Mamma aveva già provato sei mesi prima a uccidere il pargolo quando aveva un anno. Alla seconda ce l'ha fatta.

Come Medea, eroina del mito greco che stermina i figli, sono centinaia le donne che negli ultimi quarant'anni hanno ucciso i propri bambini, quasi sempre subito dopo l'hanno fatta finita anche loro, vittime, prima che carnefici, della depressione, della rabbia, della voglia di vendetta nei confronti di un compagno.

Nessuno ha dimenticato dopo quasi vent'anni l'omicidio di Samuele Lorenzi, tre anni, ucciso nel letto di mamma in una villetta di Cogne con un'arma mai identificata e mai trovata che gli ha fracassato la testa. Annamaria Franzoni ha sempre negato di essere l'assassina ma la giustizia, che l'ha condannata a 16 anni di carcere, non le ha mai creduto. Dall'aprile dell'anno scorso è una donna libera, nel 2003 ha messo al mondo il terzo dei suoi figli.

Anche l'omicidio del piccolo Loris Stival, ritrovato in un canalone a pochi chilometri dalla scuola che frequentava, ha infiammato l'interesse popolare. Veronica Panarello, la mamma, aveva denunciato la sua scomparsa alcune ore prima. Un mese dopo viene arrestata per omicidio aggravato e occultamento di cadavere e condannata a 30 anni di galera.

Anche lo scenario fa paura. Christine Rainer ha ucciso il suo bambino a coltellate: stava facendo colazione con pane e marmellata.

Poi ha tentato il suicidio gettandosi da una finestra del commissariato. Giovanna Leonetti ha soffocato con un cuscino Marianna, sedici mesi, perchè il suo pianto non la faceva riposare. Ora è il silenzio, la notte, che non la fa più dormire.

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