Franceschini chiede decisioni urgenti, ma il premier lo ignora. Nuove accuse ai governatori in vista del vertice di stamattina.

Un brutto spettacolo. L'epidemia non è ai livelli di marzo ma il tasso di litigiosità e impreparazione del sistema ci si avvicina pericolosamente.

Franceschini chiede decisioni urgenti, ma il premier lo ignora. Nuove accuse ai governatori in vista del vertice di stamattina.

Un brutto spettacolo. L'epidemia non è ai livelli di marzo ma il tasso di litigiosità e impreparazione del sistema ci si avvicina pericolosamente.

Lo showdown tra governo e Regioni è fissato per stamattina alle nove, seguito da un vertice di maggioranza chiesto con forza dal ministro Dario Franceschini, preoccupato dalla rapidità con cui peggiorano i numeri del contagio e dalle fughe in avanti delle Regioni, a partire dalle restrizioni estreme della Campania. Tutto a norma di Dpcm, visto che anche l'ultimo consente alle Regioni di imporre misure più restrittive ma vieta di allargare le maglie. Ma la questione è tutta politica: già nella prima fase della pandemia, il governo si è trovato spesso a esitare mentre le Regioni partivano in ordine sparso. Una situazione che la maggioranza teme.

Eppure è evidente che dietro ai proclami e all'incessante colpevolizzazione dei cittadini, qualcosa non ha funzionato. A Palazzo Chigi la reazione è nervosa: Conte resiste al pressing per un vertice di maggioranza, non risponde nemmeno a Franceschini e scatta un significativo balletto di rinvii e riconvocazioni. E il primo riflesso è l'avvio di uno sfacciato scaricabarile sulle Regioni.

Se ne incarica per primo il Commissario straordinario: «In questi mesi - dice Domenico Arcuri - alle Regioni abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1.429 per le subintensive. Chiederei alle Regioni di attivarle». Un dito puntato seguito da una sorta di minaccia: «Abbiamo altri 1.500 ventilatori disponibili, ma prima di distribuirli vorremmo vedere attivati i 1.600 posti letto di terapia intensiva per cui abbiamo già inviato i ventilatori».

A rincarare la dose il ministro per gli Affari regionali: «Chi ha bisogno di aiuto lo dica, ma questo va fatto prima di intervenire su lavoro e scuola - dice Francesco Boccia - In questi mesi sono stati distribuiti ventilatori polmonari ovunque, così come confermato da Arcuri: il problema è dove sono finiti i ventilatori, attendiamo risposte in tempo reale dalle Regioni».

Accuse respinte al mittente. «Noi -dice Stefano Bonaccini- abbiamo praticamente centrato l'obiettivo fissato con il governo». «Dovrebbero prendere tutti esempio dal ministro Speranza, con cui la collaborazione è continua e infatti si guarda bene dal fare certe accuse», replica Ruggero Razza, assessore alla Salute della Sicilia. In base al decreto Rilancio, tra l'altro, è proprio Arcuri il coordinatore del programma terapie intensive. E le deleghe alle Regioni che avrebbe dovuto dare sono arrivate solo pochi giorni fa, mentre una gara d'appalto per forniture sanitarie è ancora in corso.

Sulle nuove restrizioni, coprifuoco e didattica on line, non c'è accordo. Le Regioni preferirebbero orari differenziati per evitare assembramenti sui trasporti, piuttosto che nuove chiusure. Matteo Salvini è il leader che lascia meno spazio all'idea del coprifuoco: «Si fa in tempi di guerra». La certezza è il no trasversale a un lockdown generalizzato: «Non ce lo possiamo permettere - ripete Stefano Bonaccini - porterebbe il Paese dalla pandemia sanitaria a quella economica e sociale».

Tutti invece chiedono più risorse, a partire da 200 sindaci che hanno mandato una lettera a Conte chiedendo che ricorra al Mes. E Sestino Giacomoni per Forza Italia loda l'iniziativa e si prepara a presentare una risoluzione invocando una convergenza di Nicola Zingaretti. Un'altra grana per Conte.

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