Delocalizzazione da Covid. Lo smart working diventa south working, un esercito di dipendenti 45mila almeno, secondo una indagine commissionata dalla Svimez a Datamining, che ha scelto come campione 150 grandi imprese del centro-nord che è tornato al centro Sud e che ora, da quando la pandemia ha cambiato le nostre abitudini, continua a lavorare a distanza dai territori d'origine. La cifra, anche se ragguardevole, potrebbe essere solo la punta di un iceberg, spiegano dalla Svimez, perché l'indagine ha considerato solo imprese con oltre 250 addetti lasciando quindi fuori le imprese piccole e medie, molto più difficili da rilevare. Una stima, insomma, fa aumentare il peso del southworking ad almeno 100mila unità, permettendo dunque di tornare a casa a circa il 5 per cento dei due milioni di meridionali che si sono trasferiti al Nord dopo aver trovato lavoro. Sempre l'indagine commissionata da Svimez rivela, poi, che il 3 per cento dei dipendenti in smartworking delle imprese che hanno permesso di lavorare da casa è, appunto, in southworking.
E la cifra potrebbe crescere visto che, stando a un sondaggio su 2mila lavoratori meridionali impiegati al nord fatto dall'associazione South-working fondata dalla palermitana Elena Militello (southworker pure lei), oltre l'85 per cento degli intervistati tornerebbe a vivere al Sud se gli fosse consentito. Soprattutto per il minor costo della vita e per la possibilità di spendere meno per l'alloggio. E se anche le aziende da un lato ricorda Svimez apprezzano la flessibilità negli orari di lavoro e il risparmio del costo fisso per le sedi fisiche, dall'altro sono preoccupate sia dal poco controllo sui dipendenti che dai rischi per la sicurezza informatica. Per spingere il fenomeno, dunque, Svimez propone tra le altre misure incentivi fiscali o contributivi per le aziende che consentono il southworking, e aree di coworking nei dintorni di stazioni fs e aeroporti attrezzate dalle pubbliche amministrazioni del mezzogiorno.
Ma il ritorno al Sud non è il solo fenomeno in atto innescato dal Coronavirus. Anche le grandi città si stanno svuotando, e non sono solo i southworker ad andarsene. Milano, per esempio, ha perso oltre 4.000 residenti solo tra luglio e settembre, e da Roma durante il lockdown sono stati in 5mila a fare i bagagli, mentre i borghi della provincia capitolina hanno registrato 3milla nuovi abitanti.
Pronti ad affrontare più volentieri misure e restrizioni ma magari standosene nel verde, in piccoli centri o in campagna, comunque lontani dalle grandi metropoli zeppe di serrande abbassate e dove il rischio di un contagio è statisticamente più elevato.
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