«Napoli sei tu, non Mare fuori, non il boss delle cerimonie, non Gomorra». Ludovica si rivolge al fratello Giovanbattista, ucciso solo una settimana fa per uno scooter parcheggiato male, ma il suo messaggio vuole arrivare soprattutto al resto della città. Quelle parole risuonano in una chiesa del Gesù Nuovo colma di persone e in un'atmosfera surreale. Sull'obelisco compare uno striscione: «Nessuno muore finché vive nel cuore di chi resta. Giustizia per Giovanni». La chiesa non basta ad accogliere tutti e allora, tra lacrime e bandiere a mezz'asta per il lutto cittadino, è proprio la piazza antistante ad accogliere una folla di migliaia di persone. Tutti arrivati seguendo il solco tracciato da Spaccanapoli per dare l'ultimo saluto al ragazzo e per dire «noi siamo con te, Giogiò». C'era la Scarlatti Camera Young, l'orchestra del musicista 24enne che per un'ultima volta ha suonato per lui, c'era il polistrumentista Marco Zurzolo, le cui note del sax hanno accompagnato le esequie. C'erano anche i ministri della Cultura Gennaro Sangiuliano e dell'Interno Matteo Piantedosi, oltre al sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Ma soprattutto c'erano tantissimi ragazzi. Prima della cerimonia qualcuno grida: «Giustizia, giustizia», mentre nelle scorse ore il legale del ragazzo reo-confesso dell'omicidio del musicista ha assicurato che il giovane «è pronto a chiedere scusa». Ma di fronte alla bara bianca del giovane Giovanbattista Cutolo - ucciso la notte del 31 agosto dal 17enne che lo ha trafitto con tre colpi di pistola - «nessuno può dirsi assolto». Così parla monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo metropolita di Napoli, secondo cui «quella mano l'abbiamo armata anche noi con i nostri ritardi, individualismi, la nostra incapacità di fare rete». Poi il presule parla ai giovani di tutta la città: «Se qualcuno vi dice scappate, io vi dico restate. Restate e seminate tra le pietre aride della malavita la quercia della giustizia». Invece la madre del musicista Daniela Di Maggio, che per tutto il tempo abbraccia il corno del figlio, chiede con la voce rotta: «Basta a questi crimini efferati, si perdono anime stupende».
Dalla piazza vengono lanciati fiori sul carro funebre e la Scarlatti esegue «L'inno alla gioia». Le lacrime solcano i volti di tantissimi presenti. L'addio di Napoli al suo giovane talento si conclude così, in un clima di incredulità generale.
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