Dopo l'annuncio la rabbia. Annunciata e covata, inizia a sfociare. La decisione del presidente americano, Donald Trump, di riconoscere Gerusalemme capitale, ha fatto centro. Il mondo arabo promette battaglia, una «scelta incediaria. Una dichiarazione di guerra nei nostri confronti» minacciano i Territori palestinesi, Hamas chiama alla nuova Intifada; a Betlemme, Hebron e Ramallah sono già scoppiati scontri tra soldati e giovani palestinesi. Sono suonate le sirene dell'allarme antimissile nella città israeliana meridionale di Ashkelon e negli insediamenti israeliani a nord della Striscia di Gaza. Le forze armate israeliane hanno colpito due obiettivi nella Striscia di Gaza, da dove erano stati sparati razzi. La tensione è alle stelle. L'esercito israeliano è corso ai ripari e ha subito rafforzato la presenza di truppe in Cisgiordania. La polizia è in allerta. Le forze armate hanno messo in stato di allerta anche altre unità, «per far fronte a possibili sviluppi» legati alle proteste palestinesi. «Sono in contatto con molti Stati che hanno intenzione di spostare le loro sedi diplomatiche a Gerusalemme. Anche prima degli Stati Uniti». A dirlo è il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che dopo giorni, ha commentato la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale d'Israele, spostando lì l'ambasciata Usa di Tel Aviv. Ma già l'altro ieri, sia il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, sia la Repubblica Ceca, hanno espresso la volontà di riconoscere Gerusalemme ovest, capitale del Paese. Il premier israeliano ha detto: «Donald Trump con questa mossa è entrato nella storia di Gerusalemme». Fuori, ci sono i primi, primissimi bilanci: oltre 100 feriti, da armi da fuoco, da proiettili rivestiti di gomma o intossicate da gas lacrimogeni. I manifestanti, tra Gaza e la Cisgiordania, hanno dato alle fiamme bandiere americane e israeliane, poster di Trump e Netanyahu. Israele ha chiuso il valico di Gilboa, vicino a Jenin. E due razzi sono stati lanciati giovedì sera dal nord di Gaza verso Israele. Ma rischia di essere solo l'inizio. La situazione è pronta a degenerare. «Facciamo appello per una nuova intifada contro l'occupazione e contro il nemico sionista e agiamo di conseguenza» ha annunciato ieri mattina il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh: «Oggi sarà il giorno dell'ira e l'inizio di una nuova intifada chiamata la liberazione di Gerusalemme» ha promesso. Un alto funzionario palestinese del partito al-Fatah del presidente palestinese Mahmoud Abbas riferisce che il vice presidente Usa Mike Pence, del quale è in programma una visita nella regione a dicembre, «non è gradito in Palestina». «Non accoglieremo il vice di Trump. Aveva chiesto di incontrare Abbas il 19 di questo mese a Betlemme, ma questo incontro non ci sarà», ha dichiarato Jibril Rajoub.
Arrivano minacce contro gli americani, riferisce il Site, il sito di monitoraggio dell'estremismo islamico sul web, dai sostenitori dell'Isis e di al Qaeda: «Vi taglieremo la testa e libereremo Gerusalemme», recita uno dei messaggi postato online e corredato dalle immagini della moschea di al Aqsa. Ma non è il solo avvertimento: una milizia sciita irachena sostenuta dall'Iran ha minacciato di attaccare le forze americane presenti in Iraq.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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