«É ancora pericoloso». Sta in diciotto pagine, firmate dal procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo, il documento che rende impraticabile una soluzione a breve del caso di Alfredo Cospito. L'anarchico irriducibile detenuto nel carcere di Opera, in sciopero della fame contro il regime di carcere duro previsto dall'articolo 41 bis, potrebbe lasciare il reparto di massima sicurezza solo sulla base di un provvedimento del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che revocasse la decisione firmata dal Guardasigilli precedente Marta Cartabia. Nei giorni scorsi Nordio ha detto più volte che avrebbe deciso sulla base dei pareri forniti dalla magistratura. E ieri arrivano gli stop alla scarcerazione sia dalla procura di Torino, dove Cospito è stato processato e condannato per il più grave dei suoi reati, sia dalla Direzione nazionale antimafia.
Si tratta solo di pareri, ma pareri che Nordio difficilmente potrà aggirare. Nel suo provvedimento il pg Saluzzo affronta tutti i tre elementi da valutare per decidere il trattamento da riservare a Cospito: la sua pericolosità personale, i suoi collegamenti con l'esterno, le sue condizioni di salute. Il parere si sofferma soprattutto sul secondo e terzo aspetto, visto che sul primo parlano da sole le condanne inflitte al terrorista e le sue ripetute rivendicazioni (come quelle, citate in un rapporto di polizia, nell'intervista dal carcere a un sito antagonista «Vetriolo» in cui invitava a non fermarsi davanti alla vita umana). Saluzzo contesta la linea difensiva «logica» del legale di Cospito (e di autorevoli opinionisti) secondo cui proprio la attualità dei contatti tra Cospito e gli ambienti eversivi esterni è la prova che il 41 bis non è idoneo a recidere questi legami: è vero il contrario, si legge nel parere, cioè che ogni abbassamento della guardia amplierebbe a dismisura la capacità di Cospito di dare direttive e indicazioni.
Quanto alla salute dell'uomo, il pg spiega di avere attivato da tempo un monitoraggio della situazione chiedendo aggiornamenti ogni due giorni, e di avere proposto - prima ancora che dal ministero arrivasse la decisione di spostare Cospito da Sassari a Opera - una sistemazione carceraria in grado di garantirgli maggiore assistenza sanitaria. Nel reparto 41 bis di Opera il detenuto è sotto controllo costante e la sua salute appare del tutto compatibile con il trattamento di massima sicurezza; nel caso che le condizioni di Cospito peggiorassero, un trasferimento in ospedale potrebbe avvenire in tempo reale.
Negativo anche il parere della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, che aveva firmato anch'essa a suo tempo la proposta di applicare a Cospito il 41 bis e che ieri, a firma del suo capo Giovanni Melillo, comunica al ministro (anche se secondo alcune fonti, il parere di Melillo aprirebbe anche alla possibilità di applicare un trattamento meno severo) di non avere tracce di una riduzione della pericolosità dell'anarchico e dei suoi legami con estremisti attivi all'esterno.
Tutto appare dunque fermo, in attesa di eventuali ripensamenti di Nordio e soprattutto della decisione della Cassazione sul ricorso di Cospito contro il 41 bis. L'udienza che era stata fissata per aprile è stata anticipata ripetutamente, ora è prevista per il 24 febbraio ma il legale dell'anarchico ieri fa sapere che la situazione sanitaria potrebbe precipitare ben prima di allora. Uscendo dal carcere di Opera dove ha incontrato il suo assistito, l'avvocato Flavio Rossi Albertini spiega che «non c'è più tempo, se qualcuno vuol fare qualcosa per revocare il 41 bis a Cospito deve farlo. E' un momento tragico». Nel parlatorio del supercarcere il difensore ha trovato Cospito «come può essere un uomo che è in sciopero della fame da 105 giorni: è assolutamente provato, la situazione è estremamente critica». Cospito ha anche rinunciato ad assumere gli integratori che lo tenevano in qualche modo in piedi, ma non a battagliare contro il regime che gli è stato applicato.
«Mi hanno sequestrato - ha detto al legale - i libri che mi ero portato dal carcere di Sassari e pure dei foglietti di bloc notes da mandare alle autorità che possono vigilare contro la tortura e i trattamenti inumani».
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