Ci sono riflessi condizionati da cui è difficile liberarsi. La decisione dei deputati grillini di non votare il disegno di legge, approvato ieri in commissione Giustizia, sul «legittimo impedimento» degli avvocati si spiega solo con l'introiezione di uno dei miti cardine della giustizia in versione grillina: quello che vede la categoria dei difensori come un impiccio, una fabbrica di cavilli, un sasso nell'ingranaggio. Ingranaggio che, se fosse affidato unicamente e senza controlli ai magistrati produrrebbe invece una giustizia rapida ed equa.
Poco importa, nell'approccio del M5S, che il cuore del provvedimento riguardasse la giustizia civile e non quella penale, e che pertanto il riconoscimento dei diritti dei difensori non andasse a minacciare la marcia a tappe forzate del pubblico ministero verso la condanna dell'imputato di turno. Tutti gli avvocati, in questa visione un po' sbrigativa del processo, appartengono alla stessa categoria: quella dei sofisti, dei seminatori di dubbi, degli artefici di trucchi, e per questo vengono guardati con sospetto. Così Alda Lopreiato, capogruppo grillina in commissione, spiega che c'è «il pericolo che il legittimo impedimento si riveli solo un escamotage». E sembra di vederli, nell'immaginario della Lopreiato - che di mestiere farebbe proprio l'avvocato civilista - queste schiere di suoi colleghi che si inventano mamme morenti pur di strappare un rinvio dell'udienza.
In questa ossessione da sospetto, avvocati civilisti e penalisti appartengono tutti alla stessa masnada. E infatti i grillini si attrezzano a mettersi di traverso anche alla proposta di legge che garantisce il diritto all'impedimento anche agli avvocati che lavorano nelle aule del processo penale. È il testo firmato da Pietro Pittalis, vicepresidente Fi della commissione, che punta a mettere fine all'arbitrio - ben noto a chi viva nei palazzi di giustizia - con cui i giudici concedono o rifiutano il rinvio delle udienza: ci sono avvocati che si videro negare il rinvio mentre erano sotto chemioterapia o in quarantena per il Covid. Ma anche la Cassazione ci ha messo del suo: come scrive Pittalis nel testo che accompagna la proposta, ci sono state «pronunzie tanto creative quanto discutibili della Suprema Corte che ne ha, di fatto, eroso i confini di operatività a discapito del citato fondamentale diritto dell'imputato».
Nell'attesa di prendersela con i penalisti, ieri i 5 Stelle se la prendono con i civilisti, e rifiutando di votare il testo proposto dalla leghista Eika Stefani, che aveva la colpa di stabilire il rinvio dell'udienza «dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o
improvvisa malattia, infortunio o particolari condizioni di salute legate allo stato di gravidanza, per assistenza a figli, famigliari con disabilità o con grave patologia». Cosa ci fosse di così inaccettabile lo sanno solo loro.
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