"Padre è chi cresce il figlio". Lo affermano all'unisono il senatore dem Sergio Lo Giudice e suo marito Michele Giarratano, intervistati dalle Iene sulla loro esperienza come genitori. Si sono conosciuti dieci fa ma si sono sposati da poco più di 4 in Norvegia e poi hanno deciso di ricorrere alla "maternità surrogata", chiamata anche gestazione per altri (gpa) o più comunemente nota come "utero in affitto". Espressione questa che, però, non piace a Lo Giudice perché "volgarmente lesiva soprattutto della dignità delle donne coinvolte".
Il senatore, che attualmente ricopre anche la carica di presidente onorario dell'Arcigay, non ha alcun problema a spiegare che la definizione americana della donna donatrice dell'utero "a surrogate, la surrogata". Per il suo compagno Michele quella donna è invece "la persona che ci ha aiutato è una persona che voleva aiutare due uomini a realizzare il sogno di avere un figlio" e probabilmente per questo si rifiuta di rispondere alla domanda su quanto questa sia stata pagata. Lo Giudice, invece, si sbilancia e dice: "Il grosso delle spese se ne va in agenzia, spese legali e spese sanitarie. Si può arrivare fino a 80/100mila euro". Ma guai a paragonare un bambino a un oggetto da comprare. "Chi fa affermazioni di questo genere dovrebbe vergognarsi di averlo solo pensato", attacca il senatore secondo cui il pagamento della donna non incide in nessun modo sulla valenza etica di un’azione di questo genere perché solo in Paesi come l’India o la Thailandia "è possibile che le donne siano effettivamente sfruttate".
Senza alcuna vergogna Lo Giudice spiega la necessità che il bambino non venga allattato al seno dalla donna che l'ha partorito perché "è molto importante che sin dall’inizio il il rapporto tra la donna e il bambino sia considerato non come il rapporto della “madre con suo figlio”. Poco importa se il bimbo vivrà senza una madre perché il loro figlio, il piccolo Luca "ha comunque nella sua vita varie figure di riferimento femminili", spiega Michele, il padre biologico che si rifiuta di rispondere al quesito se avere un bambino sia o meno un diritto. Domanda a cui il più audace senatore risponde con un secco: "assolutamente no". Per la coppia la cosa importante è che il bimbo abbia una famiglia che lo ami. "Ogni bambino preferisce avere l’amore di chi considera i suoi genitori", dice Lo Giudice che valuta il ddl Cirinnà un buon punto di partenza. Per il compagno Michele si tratta, invece, di una norma ancora insufficiente ma necessaria perché "Sergio che non è il padre legale di Luca ha bisogno di una delega per qualsiasi cosa.
In teoria anche per ritirare il bambino da scuola". Infine il commento più caustico sul Family Day arriva ancora una volta da Michele, il "papà" che non fa politica:"è un po’ come la lotta che facevano i bianchi contro i neri negli anni ’60".
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