Solo in un Paese a testa in giù può succedere che chi ha appena rivendicato gli enormi murales dipinti sulle case e i volantini distribuiti a Milano con le scritte «Fontana assassino», possa manifestare (con un corteo peraltro non autorizzato) sotto il palazzo della Regione di cui lo stesso Attilio Fontana è governatore. Senza che nessun ministro, prefetto o questore nemmeno immaginino di vietare un corteo illegale e peraltro annunciato da giorni. E nel quale tra i protagonisti ci sono proprio gli autori che hanno orgogliosamente rivendicato quelle intimidazioni, il Partito dei Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo, ridondante denominazione riassumibile nella sigla Carc di un gruppo di ultrasinistra ben radicato a Milano e che si definisce marxista-leninista-maoista. Un reperto del giurassico fossilizzato nella storia, se non fosse che i suoi protagonisti hanno di frequente a che fare anche più recentemente con le forze dell'ordine e i tribunali. E questo forse capiterà anche in futuro, visto che sulle loro scritte la Procura di Milano ha aperto un'inchiesta, per ora senza indagati, con il capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili che dopo un vertice con i carabinieri del Nucleo informativo e i poliziotti della Digos attende per oggi un rapporto da cui potrebbero già uscire le prime iscrizioni nel registro degli indagati. «Segnali da non sottovalutare», trapela dagli investigatori convinti della necessità di evitare che qualcuno possa passare dalle parole ai fatti. Come, purtroppo, in passato e proprio a Milano la violenza rossa ha già dimostrato.
Ancor più incredibile, dunque, che in questo clima e con queste premesse, nella stessa città dove qualche giorno fa la Digos ha multato i ristoratori disperati perché disciplinatamente distanziati manifestavano per difendere il futuro delle loro attività e delle loro famiglie, ieri si sia concesso il corteo ad alcune centinaia di manifestanti dei Carc, dei sindacati di base con in testa i Cobas e dei soliti violenti dei centri sociali. Che, non a caso, alla fine hanno con la solita prepotenza ottenuto anche il diritto di sfilare bloccando il traffico. Inevitabili i momenti di tensione e i contatti, alla faccia del rischio Covid, con il cordone di polizia e carabinieri in tenuta antisommossa con caschi e scudi. «Fateci passare, abbiamo il diritto di manifestare» le loro urla incuranti del fatto che in questi tempi siano vietati cortei e assembramenti. Con i Carc che sono tornati all'assalto, ribadendo che per loro «Fontana rimane un assassino».
«Troppo veleno sparso in questi giorni - le parole di un mai così amareggiato Fontana - Recuperare non sarà facile, mi dispiace per la mia famiglia che è un po' preoccupata. Non immaginavo tutto questo perché ero convinto che stessimo soltanto facendo il nostro lavoro». Era probabilmente così, ma a forza di puntare il loro ditino avvelenato, i cattivi maestrini della sinistra hanno ottenuto lo scopo voluto, la crocefissione di un governatore non amico con la speranza di scippare al centrodestra una regione considerata la locomotiva d'Italia. E che forse proprio per questo non vota a sinistra da parecchi lustri. Ma così Fontana sarà ora costretto a prolungare il suo personalissimo lockdown, obbligato dal prefetto di Varese a girare con una scorta di polizia negli impegni pubblici, ma anche in quelli privati. Perché altro che Coronavirus, non c'è nulla di più contagioso dell'odio. E a sinistra ne sono maestri. E quindi a poco valgono le parole di circostanza, le solidarietà dettate alle agenzie di stampa perché non se ne può proprio fare meno.
Forse bisognerebbe rendersi conto che in tempi di pandemia dell'odio via social network, bisognerebbe stare più attenti anche con le parole. E accusare Fontana di aver fatto 15mila morti, non è diritto di critica ma distillato d'odio.
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