Non intende fare passi indietro. Né sottostare alle richieste avanzate da Fratelli d’Italia. Il ministero della Salute, “trascinato in Tribunale” sulla mancata divulgazione del Piano Nazionale anti-Covid, si è costituito in giudizio “per resistere al ricorso” ed opporsi così alle contestazioni di chi vorrebbe maggior chiarezza su un tema piuttosto fumoso.
Il ricorso al Tar, rivelato ieri dal Giornale.it, è l’ultimo capitolo di una vicenda che parte da lontano e che, nonostante i tentativi di chiarezza, non è ancora arrivata a soluzione. L’oggetto del contendere è il “Piano secretato” citato da Andrea Urbani, dirigente del ministero e membro del Cts, in un’intervista dello scorso aprile. Un documento su cui gli esperti assicurano di essersi basati per guidare le scelte dell’esecutivo nei mesi più neri del contagio. Ma che ad oggi non è ancora stato presentato in via ufficiale né ai cittadini né ai parlamentari che lo domandano.
La genesi del “Piano” è complessa, e viene ricostruita - con particolari inediti - nel “Libro nero del coronavirus” (clicca qui), l’inchiesta pubblicata da Giubilei Regnani che ripercorre tutte le tappe e gli errori della gestione del contagio in Italia. Torniamo allora a gennaio. Quando il premier Conte firma lo stato di emergenza, infatti, l’Italia è sostanzialmente priva di un piano pandemico aggiornato. Non esiste una previsione sul numero di mascherine necessarie o scorte utili a fronteggiare una epidemia, così gli esperti si muovono per ovviare alla mancanza. Il 12 febbraio il Cts invita alla propria riunione Stefano Merler, matematico della Fondazione Kessler di Trieste, già autore di uno studio previsionale in cui ipotizza oltre 2 milioni di contagi e migliaia di morti (mentre tutti si dicono invece sicuri che nulla succederà all'Italia). Quel giorno, dopo aver letto i dati di Merler, il Cts decide di creare un gruppo di esperti per “produrre, entro una settimana, una prima ipotesi di Piano operativo di preparazione e risposta a diversi scenari di possibile sviluppo di una epidemia da 2019-nCov”. Di questo “Piano” nascono alcune bozze, diventa oggetto di riunioni, e viene citato in diversi verbali delle riunioni del Cts. Fino a quella del 2 marzo, quando viene approvato nella sua “versione finale” e poi presentato, via Angelo Borrelli, al ministro Speranza.
Bene. Resta però da capire il perché di tanto mistero. Quando a maggio alcuni cronisti chiedono il dossier attraverso un accesso agli atti, da viale Lungotevere Ripa I fanno spallucce. Sostengono infatti che Urbani si sia sbagliato e che il documento di cui parlava altro non era che lo studio di Merler. Così consegnano ai giornalisti solo quest'ultimo. Per qualche tempo i due dossier (il "Piano" e lo studio Merler) si confondono, gettando fumo su una vicenda già di per sé intricata. Pochi giorni prima, infatti, lo stesso Speranza era comparso di fronte al Copasir per negare l'esistenza di un “Piano”, ribadendo la tesi del semplice “studio di previsione” sui “possibili scenari dell’epidemia”. Niente di più. Eppure nella riunione del 9 marzo il Cts mette a verbale che tutte le “azioni fino ad oggi suggerite ed adottate sono coerenti con i diversi stadi di sviluppo previsti dal piano”. Un "piano", dunque. Non uno "studio".
Perché allora derubricarlo? Certo a marzo il Cts aveva chiesto “riservatezza” per evitare che “i numeri arrivassero alla stampa” e scatenassero il panico. Ma perché, una volta esploso il contagio, non renderlo pubblico? È la stessa domanda che si pongono gli onorevoli Galeazzo Bignami e Marcello Gemmato. Dopo un primo tentativo già ad aprile, ad agosto i due deputati hanno fatto un accesso agli atti per ottenere ufficialmente il testo del “Piano”. Senza però ottenere riscontri. Scaduti i 30 giorni entro cui la Pa deve rispondere ad un accesso civico dei cittadini, i parlamentari hanno deciso di avviare il ricorso al Tar. “Se le misure a dir poco discutibili di questi giorni si basano su un qualche ‘piano’, noi vogliamo vederlo”, dice Bignami. I ricorrenti contestano “l’illegittimità del silenzio serbato” dal ministero e chiedono al giudice di condannare l’amministrazione a rendere noto il “Piano”. L’udienza, come rivelato dal Giornale.it, è già stata notificata. E ieri il ministero della Salute, rappresentato dall’avvocatura dello Stato, ha deciso di costituirsi formalmente di fronte al Tar. L’atto parla chiaro: il ministero si “costituisce in giudizio per resistere al ricorso” presentato dai due esponenti di FdI e chiede di essere “sentito in camera di consiglio”. Si preannuncia insomma una battaglia legale. “Il Governo avrebbe dovuto chiedere scusa agli italiani e consegnarci i documenti - attacca Bignami - Invece si costituisce contro FdI per impedire che gli italiani sappiano cosa sta accadendo. Ma noi non molliamo di un centimetro. Avevamo promesso che li avremmo trascinati davanti ad un Tribunale e lo abbiamo fatto. Ora vogliamo avere giustizia perché il Governo sta agendo col favore delle tenebre senza dire le cose come stanno realmente”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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