La grande corsa ai 600 seggi. E tutti i partiti si affidano ai professionisti della politica

Il bagno di sangue, stavolta, ha riguardato quasi tutti: compilare le liste elettorali, dopo la nefasta "riforma" del taglio dei parlamentari, ha comportato sacrifici umani in ogni partito

La grande corsa ai 600 seggi. E tutti i partiti si affidano ai professionisti della politica

Il bagno di sangue, stavolta, ha riguardato quasi tutti: compilare le liste elettorali, dopo la nefasta «riforma» del taglio dei parlamentari, ha comportato sacrifici umani in ogni partito. E tutti i deputati e senatori uscenti, col senno di poi, si sono mangiati le mani ad avere, per pusillanimità o miopia, ceduto alla demagogia grillina. A cominciare dagli stessi grillini, falcidiati persino più degli altri. Con un risultato paradossale: stavolta la «società civile», un tempo assai gettonata, è desaparecida. Scomparse o quasi le figurine acchiappa-like, i candidati vip, le star e le starlette: qualche anziano volto tv, una spruzzatina di sportivi, un paio dei soliti pm d'assalto che, giunti alla pensione, sperano di rifarsi una vita da peone. Per il resto, i partiti puntano sui professionisti della politica, gli uomini di apparato, i ras delle preferenze, i fedelissimi del capo (vedi Lega) o dei capibastone (vedi Pd).

Chi può largheggiare, perché avrà probabilmente più eletti dei (pochi) della volta scorsa è Giorgia Meloni. Che è anche la leader politica più a corto di classe dirigente di statura - o almeno notorietà - nazionale, e con esperienza governativa. Un handicap che la stessa segretaria di Fdi ha riconosciuto, annunciando che avrebbe tentato di arruolare altrove le «eccellenze» latitanti nelle sue file, con pedigree più variegati di quello strettamente post-missino dei suoi fedelissimi. Così in Lombardia, accanto alle vecchie glorie Ignazio La Russa e Riccardo De Corato, è stato ripescato l'ex ministro (che spera in un trionfale ritorno al governo) Giulio Tremonti. In Puglia c'è la figlia d'arte Isabella Rauti, ma il vero deus ex machina è l'ex Dc (poi Fi) Raffaele Fitto. Altre new entry, ma di nome ed esperienza, sono l'ex presidente del Senato Marcello Pera (ex Fi), il super-dc Gianfranco Rotondi, il magistrato garantista Carlo Nordio, l'ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro.

In Forza Italia la coperta corta della riduzione dei parlamentari provoca esclusioni illustri, e riduce all'osso i nuovi innesti: uno, l'ex sindaco leghista di Verona Flavio Tosi, è un professionista politico a tutto tondo, l'altra è la presentatrice tv Rita Dalla Chiesa.

Nel Pd il caos sulle liste è durato per una settimana, dopo la direzione del 15 agosto notte che le aveva approvate. I tentativi di «rinnovamento» con le candidature dei «giovani» a capolista si sono rivelati un boomerang, tra santini di Lenin e proclami anti-Israele e nostalgie maoiste. Alcune esclusioni illustri, come il costituzionalista Stefano Ceccanti o il vice-ministro Enzo Amendola, che ha trattato a Bruxelles il Pnrr di Draghi, sono state recuperate solo in corner. A farla da padroni, nella composizione delle liste, sono stati i capicorrente di maggioranza come Andrea Orlando e Dario Franceschini, o i ras locali come Michele Emiliano che, in coppia con l'alleato Francesco Boccia, ha inzeppato i posti sicuri della Puglia con suoi portaborse e simili. Anche il vicesegretario Provenzano ha provato a mettere a segno un po' di colpi in proprio, ma è stato meno fortunato: sono suoi seguaci quasi tutti i «giovani» piazzati in testa di lista, con esiti di immagine piuttosto catastrofici, a cominciare dal lucano La Regina che ha dovuto fare dietro-front causa sospetto antisemitismo.

La Lega deve fare i conti con una previsione tragica di una settantina di posti in meno. A farne le spese sono stati tutti gli uscenti in odore di eresia (ossia tutti gli uomini Giorgetti, Fedriga o Zaia). Mentre ad essere blindati sono i salviniani di provata fede. Confermata ovviamente tutta la squadra di governo: Giorgetti, Eika Stefani, Massimo Garavaglia, e ancora Bergonzoni, Centinaio, Molteni, Gava, Sasso. Sicuri anche i capigruppo uscenti Molinari e Romeo e i vicesegretari Fontana e Crippa, nonchè gli ex membri di governo Durigon e Rixi. Blindato anche il duo di suggeritori economici anti-Ue Borghi e Bagnai, e la consigliera in materia di giustizia Giulia Bongiorno. Grande ritorno per Umberto Bossi, considerato utile per richiamare l'elettorato nostalgico della Lega delle origini. Spazio assai ridotto per le «novità» da piazzare: l'editore di Libero Antonio Angelucci, il presidente dell'Unione Italia Ciechi Mario Barbuto, l'ex pallavolista Luigi Mastrangelo. Niente da fare per aspiranti new entry da talk show come Maria Giovanna Maglie o Annarita Chirico.

Sui politici a tutto tondo e trasversali punta il Terzo Polo, a cominciare dalle pluricandidature di Renzi e Calenda, accompagnate da quelle di ex azzurre di prestigio come Carfagna e Gelmini, per la renziana Boschi e gli azionisti Costa e Napoli.

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