Al di là dei meriti, pochi, e dei demeriti, tanti, il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri rischia, suo malgrado, di diventare la cartina di tornasole di una delle espressioni lessicali con cui Mario Draghi negli incontri con le delegazioni dei partiti ha individuato uno degli obiettivi del suo governo: marcare una «discontinuità» con il passato. E la ragione è quasi banale. Arcuri ha legato il suo nome da una serie di deficienze e di ritardi che hanno creato danni al Paese e offuscato l'immagine del governo Conte nella pandemia: dalla vicenda delle mascherine, a quella dei banchi a rotelle, dai bandi per le terapie intensive emanati quando la seconda ondata del contagio era già cominciata, agli inconvenienti che stanno cadenzando la campagna della vaccinazione (siringhe sbagliate, ritardi nell'assunzione del personale e nella somministrazione del farmaco). Se il Commissario restasse al suo posto, accanto al ministro della sanità Roberto Speranza, quella «discontinuità» nel governo assicurata sull'emergenza economica dall'innesto della triade Franco-Colao-Cingolani, su quella sanitaria non avrebbe alcun riscontro. Un problema delicato per un premier che potrebbe essere chiamato a decidere nuovi lockdown: un conto, infatti, sarebbe farlo in presenza di una novità importante nella gestione degli interventi e della logistica dell'emergenza sanitaria; un altro, invece, sarebbe proseguire nel solito tran tran emergenziale, fatto di aperture e chiusure all'ultimo minuto, senza offrire nuove garanzie all'opinione pubblica sulla gestione di uno «cardini imprescindibili per la ripresa» (per citare la filosofia del drago), cioè la campagna di vaccinazione nazionale.
Per dirla in termini brutali: se oltre a Speranza anche Arcuri restasse al suo posto, che senso avrebbe avuto questa «crisi» e mandare a casa Conte? Tanto più che le due emergenze, quella sanitaria e quella economica, sono intrinsecamente connesse: se cambi radicalmente il team di governo che affronta la seconda, non puoi non mutare per nulla quello che gestisce la prima. Basta un dato per rendere chiaro il rapporto diretto che le unisce: secondo la maga dei sondaggi, Alessandra Ghisleri, la decisione di rinviare all'ultimo momento la riapertura delle piste di sci (che ha implicazioni sanitarie ed economiche) ha fatto scendere di colpo di 4,2 punti in un giorno il gradimento del governo (è passato dal 64,2% al 60%). In più l'esigenza di un cambio del commissario straordinario, potrebbe dar vita alla prima alleanza «trasversale» nella grande maggioranza che sostiene il governo Draghi. A parte il Pd, e non tutto, e a parte i 5stelle, e non tutti, gli altri settori della maggioranza sono convinti che sia necessario un nuovo nome. Matteo Renzi lo teorizza da otto mesi. Addirittura la mancata intesa su un possibile sostituzione di Arcuri fu una delle questioni su cui naufragò il tentativo di mettere in piedi il Conte ter. Renzi la indicò come uno dei «colmi» che lo indussero a far saltare la trattativa: «Questi disse in quell'occasione - vogliono promuovere Bonafede vicepremier e mantenere Arcuri come commissario: siamo alla follia!». Oggi il leader di Italia Viva si è imposto il silenzio. Non prenderà la parola neppure nel dibattito sulla fiducia mercoledì al Senato. Ma sul capitolo Arcuri non ha mutato idea. Anzi. Ai suoi ha spiegato in confessionale: «Come si può andare avanti con Arcuri dopo tutto quello che è avvenuto?! Solo per fare un favore a D'Alema?! Ma su! Il primo a cui converrebbe un cambio è proprio Draghi».
Eh sì, perché servirebbe anche a rinsaldare il rapporto di fiducia con l'opinione pubblica: lo schema, «chi fallisce viene sostituito», è valido soprattutto in una situazione di emergenza. E il motivo per cui c'è stato un avvicendamento nel ruolo di comandante supremo tra Conte a Draghi, dovrebbe essere valido anche per chi si trova a ricoprire il ruolo delicato ed esposto di generale sul campo, ciò che nei fatti è il commissario per l'emergenza. «Arcuri spiega con una certa enfasi Sestino Giacomoni, uno dei consiglieri del Cav - non può restare nel posto dov'è, ci vuole discontinuità. Va sostituito con un manager della sanità come Bertolaso». E proprio il nome di Bertolaso torna, a proposito di trasversalità, sulla bocca di Carlo Calenda, all'altro capo della mega-maggioranza di Draghi: «Arcuri ragiona scade il 30 marzo e al suo posto bisogna mettere un uomo delle emergenze come Bertolaso. In questo momento tragico, è la ragione del governo Draghi, bisogna prescindere dagli schieramenti e mettere in campo gli uomini migliori. È il modo per dimostrare una vera discontinuità con gli errori del passato. Quando si sbaglia si cambia, non si può prendere a modello di comportamento l'arrocco di Conte in difesa di Arcuri e Casalino!».
Draghi, per temperamento e cultura, potrebbe davvero essere tentato di attendere il 30 marzo per l'avvicendamento, solo che si ripeterebbe un altro errore, quello di non considerare la «tempestività», la velocità nelle decisioni, uno degli elementi indispensabili per fronteggiare l'epidemia. È quello di cui è convinto il leader della Lega, Matteo Salvini. «Discontinuità ha spiegato ai suoi è anche decidere oggi e non rinviare come piaceva a Conte. E Arcuri per gli errori che ha commesso è davvero imbarazzante». Tanti errori e tante ombre. Come la storia delle mascherine cinesi per cui sono stati pagati 72 milioni di euro di commissione ad un equadoregno, ad un ex dipendete Rai con una laurea farlocca e ad un imprenditore che si occupa di ben altro: poco meno di quello che lo Stato pagherà per mettere in piedi le 21 «primule», cioè le strutture per le vaccinazioni anti-covid. Roba da far rizzare i capelli ad un calvo. Stefano Candiani, leghista ed ex-sottosegretario di Salvini al Viminale, sul tema è un fiume in piena: «Arcuri rappresenta un fallimento del Conte bis che non può sopravvivere in questo nuovo equilibrio politico. Sarebbe assurdo! Sporcherebbe il profilo quirinalizio di Draghi». Ed ancora: «Il problema non sono solo le cose che ha fatto male, ma pure quelle che non ha fatto. Né si può accettare in un governo di salvezza nazionale una comunicazione come la sua, una cantilena giustificatoria che parla della pandemia come se fosse scoppiata ieri. La verità è che Draghi si gioca tutto sulla discontinuità e mantenere non solo Speranza al suo posto ma anche Arcuri, darebbe l'immagine che siamo rimasti al Conte bis». E torniamo al tema della «discontinuità», al governo dei migliori, all'esaltazione della competenza: proprio seguendo il profilo che Draghi ha dato al suo esecutivo non si può essere competenti di tutto lo scibile umano, dall'emergenza sanitaria, all'Ilva, all'Alitalia.
Visto che in Italia non è nato un nuovo Pico della Mirandola, l'«omnia» competenza equivale a nessuna competenza. Sempreché non si torni alla filosofia di Roccobello Casalino, per cui non conta ciò che vero, ma ciò che appare.
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