Beppe Grillo, Giuseppe Conte e Davide Casaleggio hanno poco o nulla in comune, a parte il M5s. Solo che tutti e tre sembra che non vedano l'ora di chiudere la bottega del Movimento. In assenza di una qualsivoglia traiettoria logica che giustifichi le peripezie grilline dell'ultimo anno, a parecchi, anche tra gli stellati, sta venendo il sospetto che il fondatore, l'erede dell'altro fondatore e il rifondatore cerchino solo un pretesto per liberarsi dei Cinque stelle.
L'attualità impone di partire da Grillo. Nel M5s prevale il sentimento dell'incredulità di fronte all'ultima piazzata del comico, che ha ritenuto opportuno strillare in un video per riaffermare l'innocenza del figlio accusato di stupro. Conte, alle prese con la rifondazione, per tutta la giornata subisce il pressing da parte degli alleati del Pd che chiedono una presa di posizione. Il leader in pectore interviene in serata. Le sue frasi non sono una difesa d'ufficio di Grillo. Anzi l'avvocato mette l'accento su ciò che stanno passando la presunta vittima e la sua famiglia. Nei gruppi parlamentari in tanti criticano la mossa di Beppe. Lo sfogo viene visto come un atto autodistruttivo dal punto di vista politico. I parlamentari, alle prese con i corsi di public speaking della coach Silvia Virgulti, sono stufi. Uno di loro dice all'Adnkronos: «Ci danno i compiti a casa per imparare a parlare in pubblico e poi arriva Grillo col suo video imbarazzante in difesa del figlio».
Poi c'è Conte. «Vuole sfruttare il brand del Movimento per farne il suo partito personale, liberandosi dei big e di Grillo», ci dice una fonte ben inserita nelle alte gerarchie pentastellate. Però lo stesso avvocato pensava che la cosa fosse più facile e sbrigativa. Invece molti nodi stanno bloccando il suo progetto. Tanto che alcuni grillini che seguono da vicino la partita della rifondazione cominciano a dubitare di lui. Il timore è che voglia mollare. Così da addossare le colpe del fallimento alle lotte di potere nel M5s e procedere con la creazione di una lista personale. Il suo atteggiamento nei confronti di Casaleggio è considerato la spia di questa insofferenza. Perché pare che nelle ultime settimane il capo di Rousseau si sia ammorbidito con Conte. Che invece se n'è lavato le mani. Eppure l'ex premier sa benissimo che senza un voto su Rousseau è complicato ottenere l'investitura degli attivisti. Pure con Grillo sembra sfumata l'intesa, dopo che il comico ha stoppato Conte sul nuovo simbolo. La non-difesa sul caso del figlio è una dimostrazione della freddezza tra i due. «Non escludo che Conte abbia dei dubbi e delle perplessità nel diventare leader del M5s», dice l'ex ministro pentastellato Vincenzo Spadafora a Omnibus su La7. Dall'entourage di Conte però filtra che l'avvocato è al lavoro sulla sua segreteria politica e sta studiando un modo per farsi votare dagli iscritti, forse sfruttando la decisione della Procura di Cagliari sulla costituzione dell'organo collegiale. Organismo per cui Conte potrebbe candidarsi in una prima fase, per poi diventarne il leader. Non proprio una passeggiata. Senza un patto con Casaleggio, appare difficile il via libera a una seconda modifica dello Statuto.
Ed ecco il terzo liquidatore del grillismo, il figlio del cofondatore Gianroberto.
La richiesta irrevocabile di saldare il debito di 450mila euro avanzata da Rousseau al M5s ha mandato tutto in tilt. Proprio domani scade l'ultimatum di Casaleggio per il saldo della cifra pretesa per i mancati versamenti mensili dei parlamentari. Senza i soldi, il guru probabilmente annuncerà il divorzio.
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