La guerra degli scrittori

Nuovo manifesto firmato da 1.200 intellettuali per difendere i diritti dei transessuali È un'altra risposta alle polemiche nate dai commenti «scorretti» di JK Rowling. Con la quale si schierarono pochi mesi fa molte personalità di...

La guerra degli scrittori
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Vi ricordate la polemica sui trans, che non andavano chiamati i trans ma le trans, al femminile? Questione superata, siamo andati ben oltre. Abbiamo visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare, perfino Vladimir Luxuria in crisi esistenziale perché in Parlamento non poteva andare liberamente nel bagno delle donne. Problemi grossi. Ma non è finita qui.

È bello perché la libertà di bagno, di pensiero e di espressione gli intellettuali se la tirano dove vogliono, a seconda dei casi. Sono intellettuali per questo, d'altra parte, cioè usano l'intelletto, invenzione degli umanisti, cosa che secondo loro uno scienziato, per esempio, non fa, ecco perché citano sempre Pier Paolo Pasolini e mai Albert Einstein, Einstein non era un'intellettuale, non usava l'intelletto, bella faccenda. In ogni caso cosa fanno gli intellettuali? Spesso e volentieri si mobilitano per la libertà, ovvio.

Tipo tre mesi fa si sono mobilitati contro la dittatura del politicamente corretto e del pensiero unico, quando la scrittrice di J. K. Rowling fu accusata di transfobia perché aveva polemizzato con un articolo che per includere i trans nel genere femminile definiva le donne «persone che hanno le mestruazioni». La Rowling twittò: «Sono sicura che esistesse una parola per queste persone, aiutatemi Danne? Done? Dumne?».

Secondo la Rowling l'attivismo trans stava danneggiando il concetto di donna. Si può essere d'accordo, non d'accordo, se ne può discutere, ma chiedere la censura, il silenzio è da Santa Inquisizione. O da fascisti. O da comunisti. Fate voi. Ecco dunque, all'epoca, la mobilitazione intellettuale, giustissima, in difesa della libertà di pensiero della Rowling, un vasto schieramento liberal di centocinquanta intellettuali angloamericani, da Salman Rushdie a Noam Chomsky. Di certo non transfobici, semplicemente contrari a ogni forma di censura e di cancellazione del pensiero.

Bene, e ora che succede? Esattamente il contrario. Editori, giornalisti, scrittori, si mobilitano contro l'uso della parola trans, perché «le donne trans sono donne, gli uomini trans sono uomini, i diritti trans sono diritti umani». Tra i firmatari di questa lettera aperta per supportare la comunità trans e non binaria degli Stati Uniti e Canada ci sono Stephen King e Margaret Atwood, anche perché, come riporta il Guardian, «c'è un'aspra divisione riguardo i diritti dei trans nel mondo letterario». Certo che questo mondo letterario ha un gran daffare, una volta a difendere la libertà di parola, un'altra a censurarla.

In ogni caso con chi ce l'hanno stavolta? Di nuovo con la Rowling, che continua a difendere l'identità del sesso delle donne e non deve esprimere le sue opinioni perché è transfobica, così è deciso, perché nel suo nuovo romanzo criminale ha inserito un serial killer che si veste da donna per attirare le sue vittime (qui è partita una contropetizione per difenderla dalla petizione contro di lei). Inoltre deve tacere «in quanto è legittimata nel mondo britannico solo perché è l'autrice di Harry Potter».

Mi sfugge il senso, tra l'altro, del fatto che l'autrice di Harry Potter non possa avere pensieri, ma tanto il senso non conta molto in questi dibattiti. L'importante, ricordatevi, è firmare lettere, appelli, manifesti, strappandosi i capelli per qualcosa affinché emerga l'intelletto, l'intellettuale sotto il cuoio capelluto.

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