Poi magari arriverà il nostro cinepanettone sboccato e pecoreccio a ristabilire le gerarchie artistiche, ma per il momento il miglior film di Natale è un semplice spot pubblicitario che trasuda poesia, umanità, buoni sentimenti. Non c'è gara, al botteghino delle televisioni e del web: mezzo mondo mentre l'altro mezzo si trova impegnato a sgozzare cristiani è a ciglio umido per il cammeo di Sainsbury's, grande catena inglese di supermercati. La scena si ispira alla tregua del Natale 1914, romanzandola quell'attimo. Soldati inglesi e tedeschi si fronteggiano nelle rispettive trincee, ma improvvisamente dalla parte tedesca parte la magia di « Stille nacht ». Investiti da improvvisa tenerezza, i militari britannici replicano con «Silent night» . L'atmosfera è così carica di pace e di bontà che in modo naturale tutti depongono le armi ed escono a mani alzate, avviandosi verso i nemici. È un tripudio di fratellanza: due soldati si scambiano persino il giubbotto. E quando il tedesco tornerà nella trincea, ficcandosi la mano in tasca, troverà la sorpresa più strappalacrime, molto più del finale carogna di Love story : una tavoletta di cioccolato. Ma non una tavoletta qualsiasi: proprio la tavoletta che la fidanzata dell'inglese gli aveva inviato con tanto amore. «Christmas is for sharing », «Natale è condivisione», questa la fatata chiusura dello spot. Con seguito ancora più buonista nei prossimi giorni, tra le corsie dei supermercati: la catena Sainsbury's venderà quella stessa barretta per una sterlina, destinando l'incasso all'Associazione dei veterani di guerra. Apoteosi. Ma quanto siamo buoni, noialtri del genere umano?
I critici sono concordi: la qualità del filmato, tre minuti in tutto, è altissima. E questo spot non è nemmeno il primo, perché da qualche anno le cineprese del marketing sfornano opere stupende, tanto che la gente aspetta gli short-movies natalizi come autentiche opere dell'ingegno.
E, a dirla tutta, non è nemmeno l'unico, perché in contemporanea sta sciogliendo gli animi come gelati in spiaggia la pubblicità dell'altra catena John Lewis, con la struggente storia del pinguino innamorato, cui un bambino sensibile fa trovare sotto l'albero una bella pinguina. Negli ambienti cinematografici si parla apertamente di vero e proprio genere, con tanto di corsa al reclutamento dei migliori creativi e dei migliori registi.
Che il marketing, quando ci si mette, sappia essere raffinatamente ruffianissimo, non può stupire nessuno. Tanto meno i cinici. Da anni l'efficacia dei mondi incantati e delle atmosfere mielose, oltre ad alzare la glicemia dell'estetica, alza i fatturati. La nostra voglia di armonia, piena zeppa di mulini bianchi, sotto mega-nevicate di zucchero a velo, ci porta a liberare subito la mammoletta che alberga da qualche parte sotto qualsiasi cotenna. Figuriamoci a Natale. In queste giornate siamo bulimici, di cose edificanti. Nell'incantesimo universale, tutti si sentono dei pezzi di pane, al netto della percentuale fisiologica di quei cenoni familiari conclusi a datteri in testa. Che in fondo il Natale celebri la nascita del personaggio e del messaggio più scandalosamente sovversivi di sempre, questo non è così importante. La questione religiosa faticano a ricordarla persino i devoti del personaggio.
In realtà su queste giornate aleggia una bontà cosmica e inerziale. È uno spot magnetico che conquista e ipnotizza il target di mezzo mondo (l'altro mezzo sappiamo in quali faccende impegnato). Con questa predisposizione del pubblico, con questa esigenza generale di bei momenti e di sentimenti migliori, certi cineasti e certi pubblicitari giocano sul velluto.
Persino la Prima guerra mondiale, mattatoio sanguinario della più turpe ferocia, in tre minuti diventa quasi un soffuso ricordo malinconico.
Vedi, ci dicono e ci diciamo, anche in quell'epoca cupa la dolcezza di una canzone, di un sentimento, di un cioccolato può trionfare.Ma che bellezza. Cosa poi ci passi per la testa nel resto dell'anno, nessuno spot ha ancora tentato di spiegarlo.
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