La guerra di emendamenti sulla riforma Cartabia

La strategia di Fi per bilanciare in chiave garantista le modifiche di M5s, già in ritirata

La guerra di emendamenti sulla riforma Cartabia

Il conto alla rovescia è scattato. Dopo i segnali arrivati dal ministro Cartabia con una indicazione, piuttosto decisa, che non saranno ammessi annacquamenti del testo, la riforma della giustizia, «difficile, ma ineludibile» nelle parole della Guardasigilli, si prepara ad approdare in aula venerdì prossimo, con il possibile ricorso alla fiducia.

Il clima di unanimità con cui il Consiglio dei ministri aveva licenziato l'8 luglio il testo, frutto di oltre due mesi di trattative tra il ministro e la maggioranza, è svanito, complici le tensioni interne ai Cinquestelle e lo scontro tra le varie anime del Movimento. La questione calda riguarda ovviamente i termini della prescrizione, bloccati dalla riforma Bonafede dopo la sentenza di primo grado, sia di condanna sia di assoluzione. La riforma Cartabia mantiene questo impianto ma introduce tempi di «improcedibilità» negli altri gradi di giudizio: due anni per l'Appello, uno per la Cassazione con eccezioni per i reati più gravi per i quali i tempi possono essere prorogati fino a tre anni in Appello e a un anno e mezzo in Cassazione.

In questa partita a scacchi si inserisce il braccio di ferro sugli emendamenti. Un match a cui partecipano da una parte i Cinquestelle che cercano di modificare il testo in senso giustizialista, dall'altra Forza Italia che risponde con proposte di modifica in chiave garantista. Un gioco di pesi e contrappesi che finirà probabilmente per risolversi, se si troverà un accordo, con un maxi-emendamento del governo contenente modifiche concertate. Una soluzione a cui sotto traccia guarda il Pd per disinnescare il rischio di trovarsi a dover votare insieme al centrodestra. I dem ieri hanno fatto sapere che «il percorso guidato da Draghi e Cartabia ha tutto il sostegno del Pd ed è evidente che tempi rapidi di approvazione sono fondamentali». Un via libera alla fiducia, in sostanza. Ed Enrico Letta ha aggiunto di essere fiducioso su una «approvazione da parte della maggioranza unita». Dalle parti dei Cinquestelle, invece, i mal di pancia continuano a essere forti e diffusi sui punti che riguardano la prescrizione, ma c'è anche la consapevolezza che non ci sono le condizioni per lanciare aut aut.

Alla Camera, in commissione Giustizia, Forza Italia ha già chiesto un allargamento del perimetro di esame della riforma. Durante la seduta di ieri sono state comunicate le inammissibilità - una cinquantina - riferite agli emendamenti depositati al testo e ai «sub» presentati alle proposte della ministra Marta Cartabia. Tra questi, alcuni erano a firma di Forza Italia. A fronte della decisione della presidenza, i deputati azzurri hanno quindi chiesto ai colleghi di discutere un allargamento dei temi su cui è possibile intervenire durante l'esame della riforma. La richiesta, in particolare, riguarderebbe i reati contro la Pubblica amministrazione. Sarà l'ufficio di presidenza a decidere, probabilmente nella seduta convocata per la giornata di domani.

Forza Italia, con i suoi rappresentanti in Commissione Giustizia, prepara una offensiva su alcuni fronti. Gli azzurri vogliono riportare nell'alveo del reato di abuso d'ufficio la circostanza attenuante della particolare tenuità, applicabile ai reati contro la P.A. come avviene già per un gran numero di reati. Inoltre si vuole riportare l'appello alla collegialità piena, salva la richiesta dell'imputato o del suo difensore del rito camerale non partecipato. Fari puntati anche sulle indagini preliminari: negli emendamenti del governo non si prevedono sanzioni processuali in caso di l'inerzia del Pm. Un subemendamento di Forza Italia prevede l'inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine compiuti oltre i termini delle indagini preliminari.

È chiaro che questa trattativa si intreccia con la raccolta firme per il referendum. «Un percorso parallelo» per dirla con l'azzurra Matilde Siracusano «per migliorare ulteriormente il sistema, a garanzia dei cittadini».

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