Sulla loro pagina facebook fanno gli offesi. Scrivono: quella di rimuovere la statua di Indro Montanelli era una proposta civile, volevamo aprire un dibattito pubblico e nulla più, invece ci avete dipinto come talebani, ci avete scatenato addosso «la violenza verbale fatta dal pensiero unico mainstream» (?!?). «Peggio di una vernice rossa c'è chi senza entrare nel merito della nostra proposta preferisce buttarla in caciara vendendoci come degli integralisti». Proposta?
Insomma il solito piagnisteo vittimista, le manie di persecuzione sinistre, lacrime di coccodrillo. Perché i Sentinelli di Milano sono così. Piangono e fottono. Il dubbio di avere semplicemente torto non li sfiora nemmeno. «Avessimo la coda di paglia, scriveremmo un pippotto per raccontare la nostra storia, il nostro modo di fare politica rappresentato da 5 anni che sono lì a dimostrare chi siamo, cosa siamo, come agiamo». Già ma chi sono questi Sentinelli in piedi in realtà Guardie Rosse? Basta farsi un giro sulla loro pagina facebook, 185mila followers, cioè lo zero virgola niente in quanto a rappresentanza, per capire chi sono, cosa sono e come agiscono. L'anno scorso per esempio si inventarono le «Balconiadi»: riempirono i loro balconi di striscioni contro Salvini convinti di provocarne la caporetto elettorale alle europee. Scese in campo per dare il colpo di grazia persino uno Zorro vintage e oversize. Spararono tutto l'armamentario delle frasi fatte e dei luoghi comuni dei barricaderi da salotto. Ma niente. La Lega prese una valanga di voti. Seppelliti da una risata. Ma non si arresero. Provarono a fare informazione, anzi controinformazione. Notizie tipo: «Leggeva Il diario di Anna Frank in classe. Maestra sospesa a Catania. Fermiamoli!». Era una fake. Ma ci riprovarono con la foto della calciatrice Aurora Galli che baciava sulla bocca una ragazza sugli spalti. Scrivendo: «Viva l'Italia. L'Italia che resiste». Ma era una bufala anche questa. Quella che Aurora baciava non era la fidanzata ma la sorella. Così fanno informazione e giornalismo quelli che vogliono impartire lezioni a Indro Montanelli.
Si sono buttati anche sul costume, in senso letterale postando, con gli emoticon con gli occhi a cuore, foto di sessantenni ai gay pride vestiti da Pippi Calzelunghe e barbudos con i tacchi a spillo e corsetti. Per poi commentare le foto dei leghisti con le corna in testa e le parrucche verdi a Pontida «magnifico raduno di pagliacci», «Se questo è un uomo...» e «sarebbe questo il campionario di chi vorrebbe governare il nostro Paese?». In effetti è più la coerenza che la parrucca a dire chi sei. Anche sul sessismo. Ti spiegano indignati di quanti e quali insulti hanno ricoperto Michela Murgia: «Scrofa. Palla di lardo. Cesso ambulante. Peppa Pig. Scaldabagno con le gambe. Madonna se sei brutta». Si può essere così osceni? Certo che no. Ma al post della Meloni ecco la coerenza che ritorna: «Cerebrolesa, immensamente ignorante, stupida, ha lo sguardo di Gollum, fai pena, poveraccia». Un paio di volte Facebook ha anche bloccato la pagina, ma loro, come Conte, dicono che la colpa è del social che non ha capito.
Non li scandalizza la vernice rossa sulla statua a Montanelli però se su un muro di Codogno scrivono con lo spray: «Partigiani comunisti assassini» si incazzano: «Mi auguro che questi bastardi la paghino cara, ignoranti». «Bisognava sterminarli tutti sti topi vigliacchi da fogna» «Hazet 36 fascio dove sei». Ma la chiave inglese era solo una proposta civile. Chi potrebbe mai definirli talebani rossi?
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