Luigi Einaudi ebbe ideali forti per l'Europa da quando a 24 anni scrisse un saggio sulla guerra causata dalla sovranità assoluta degli Stati. Così per decenni, sia pure con discontinuità, elaborò dei progetti per edificare una Europa Federata che rappresentano ancora, a 60 anni dalla sua scomparsa, un riferimento essenziale. Molto è stato fatto anche per merito di personalità straordinarie come Ernesto Rossi e Altiero Spinelli che trassero tanto dalle sue proposte. Ma anche perché la sua visione aveva una prospettiva dell'Europa nel contesto delle Nazioni per la pace e lo sviluppo sotto i profili istituzionali, economici e sociali tesi al progresso umano e civile.
L'Europa Federata che egli prefigurò aveva non solo lo scopo di garantire la pace tra le Nazioni e gli Stati Europei ma anche di farlo con istituzioni politiche ed economiche che generassero sviluppo così rafforzando la convinzione e la convenienza di essere Federati anche al fine di conseguire un maggiore benessere. Per questo le Istituzioni economiche e istituzioni politiche, pur distinte, erano per Einaudi interdipendenti.
Nel luglio 1947 in sede di Assemblea Costituente affermò che «La federazione ha bensì un fondamento economico. Essa è il risultato necessario delle moderne condizioni di vita le quali hanno unificato il mondo dal punto di vista economico, trasformandolo in un unico mercato. Spiritualmente, essa mira però alla meta opposta; che è quella di liberare l'uomo dalla necessità di difendere a mano armata il proprio piccolo territorio... ed a lui, così liberato, consente di aspirare a prendere parte, utilizzando al massimo le risorse del proprio piccolo territorio, alla vita universale».
Questa sua netta e limpida affermazione combinava ideali e concretezza su progetti economici e istituzionali per l'Europa che egli aveva elaborato a lungo negli anni giungendo poi a conclusioni di grande chiarezza sulle quali ci soffermiamo in breve.
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La prima riguarda i rapporti tra Italia ed Europa. Sempre in sede di Assemblea Costituente nel luglio 1947 Einaudi affermò che «L'Europa che l'Italia auspica, per la cui attuazione essa deve lottare, non è un'Europa chiusa contro nessuno, è un'Europa aperta a tutti, un'Europa nella quale gli uomini possano liberamente far valere i loro contrastanti ideali e nella quale le maggioranze rispettino le minoranze e ne promuovano esse medesime i fini, sino all'estremo limite in cui essi sono compatibili con la persistenza dell'intera comunità».
La seconda conclusione è sui rapporti tra ideazione, progettazione ed esecuzione. Quando si riesamina il pensiero di una grande personalità e lo si valuta anche in base agli eventi che si sono successivamente verificati si corrono sempre due rischi: quello di attribuire al pensiero dell'autore rivisitato l'influenza sugli eventi successivi ma anche quello di usare gli eventi per reinterpretarne il pensiero. È difficile sottrarsi a questi rischi, ne siamo consapevoli, per questo ne avvertiamo il lettore ma riteniamo che il lascito di Einaudi possa ancora insegnare all'Europa del XXI secolo
La Terza è che Einaudi è stato di certo una delle più insigni personalità della storia d'Italia del XX secolo. Per Europa egli è stato per molti versi tra i principali ideatori nel nostro Paese di quella che oggi rappresenta la più importante innovazione istituzionale delle democrazie del XX secolo e una delle più importanti della storia civile. Comparativamente egli è stato anche uno dei più lucidi ideatori di quella che poi è diventata la Cee e la Ue.
Chiunque si interessi di Europa, quella che già c'è e quella che potrebbe o dovrebbe diventare, può trovare nei suoi scritti ispirazione anche sui temi del presente come la guerra in corso come la ripresa della inflazione, come i voti all' unanimità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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