Incornato in diretta televisiva Torero muore dissanguato

Spagna sotto choc. L'ultima vittima durante una corrida risaliva al 1985. Ora si riaccende la polemica

Roberto Pellegrino

Madrid Negli ultimi 30 giorni il bollettino di morti e feriti è aumentato. Non c'entra l'alcol o la velocità, si tratta della più antica tradizione iberica, talmente radicata nel Paese da divenirne il simbolo, amato e odiato. È una «lotta» a fini ludici, è la tauromachia, più volgarmente detta «corrida», (in spagnolo «corsa») che in estate, assieme alle fiestas regionali, raggiunge l'apice. Ogni settimana una dozzina di toreros ricevono un'incornata più o meno pericolosa, mentre sono tremila i tori che muoiono ogni anno nelle plazas per un rituale barbaro e crudele. Sabato pomeriggio un'incornata è stata fatale per Víctor Barrio Hernanz, torero di 29 anni di Segovia. Il toro che stava affrontando a Teruel, in Aragona, era Lorenzo, un esemplare di quattro anni d'età e 529 chili. La corrida era trasmetta in diretta in tv. La scena ha sconvolto i telespettatori. Il toro ha infilzato Barrio sotto l'ascella destra lacerandogli l'aorta e condannando il matador a una rapida morte per dissanguamento, mentre il pubblico ammutoliva.

In Spagna ora il dramma è destinato a riaprire le polemiche su questa tradizione tanto amata, ma anche tanto contestata. Intanto anche il premier Rajoy ha presentato le condoglianze alla famiglia del matador morto.

Era dal 1985 che un torero non restava ucciso in arena, a parte, l'incidente mortale dello scorso 13 giugno, quando il recortador Juan Carlos Otero, 34 anni, un artista che si guadagnava da vivere saltando i tori con varie acrobazie, non è stato infilzato al torace a La Parilla, in Castilla y León. Trentuno anni fa era toccato a José Cubero, prodigio di 21 anni, freddato da una incornata al cuore Tuttavia la cronaca recente non smette di aggiungere morti e feriti al bizzarro scontro tra uomini e tori. Venerdì a Pedreguer, vicino a Valencia, durante la festa di San Buenaventura, in una vaquilla, una sorta di corsa tra giovani tori di 300 chili e uomini che sfiorano le corna aguzze, un ventottenne è rimasto ucciso trafitto al torace. Il comune, che già la scorsa estate aveva pianto per un altro giovane incornato, ha interrotto ogni manifestazione taurina. E poi c'è la «fiesta de Fermín» a Pamplona, una vera fabbrica di morti e disabili. È la più famosa al mondo, decantata da Hemingway e amata da Picasso. Dieci giorni di festa a Pamplona, in Navarra, in onore del missionario cristiano Fermín, vissuto tra il III e IV secolo d.C. Per l'occasione si organizzano gli encierros de toros, una pratica comune di trasferimento dei tori dal recinto della stalla al corral, la zona dell'arena prima della corrida. Tuttavia, questa pratica a San Firmino e in molte località spagnole, è diventata uno spettacolo popolare con decine di persone che si fanno rincorrere da arrabbiatissimi tori lungo un tragitto chiuso (encierro).

La corsa attrae appassionati da ogni angolo del mondo e contribuisce al bollettino di guerra: negli ultimi giorni ci sono stati 15 feriti, di cui 4 gravi e un ventenne condannato alla carrozzina.

Dal 2012, la Catalogna, unica comunità in Spagna, ha abolito tutti i combattimenti coi tori, su richiesta di una iniziativa popolare di 180 mila firme.

I sondaggi dicono che solo a uno spagnolo su cinque interessa la corrida, e più diminuisce l'età, più cresce l'indifferenza. In estate spesso si organizzano soltanto per gruppi di turisti e il settore taurino è in crisi da un ventennio, alimentato dagli aiuti di Stato.

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