Invasione di De Laurentiis: schiera il Napoli per De Luca

"'O presidente" archivia il Covid e twitta il suo "vota Vincenzo". Una vita-panettone alla ribalta

Invasione di De Laurentiis: schiera il Napoli per De Luca

Napoli ha trovato l'erede di Totò. Aurelio De Laurentiis prende l'imbuto e annuncia a condomini, inquilini, coinquilini napoletani tutti: «Vota Vincenzo, quando sarete chiamati alle urne per compiere il vostro dovere, ricordatevi un nome solo Vincenzo De Luca. È lui il migliore».

Ovviamente trattasi di lieve cambiamento sul copione del principe De Curtis, qui non si vota Antonio la Trippa ma un governatore che sta facendo la cronaca, in attesa della storia, di una regione calda, l'effetto finale è comunque comico. De Laurentiis Aurelio continua a recitare la sua vita-panettone, non lo ferma nessuno, il coronavirus gli ha fatto un baffo, il ricovero è roba passata, la quarantena è robetta per uno che frequenta Los Angeles e Castel Volturno, lui è uno tutto di un pezzo, non guarda in faccia nessuno, sfida il Nord, se ne fotte di chi lo critica nei quartieri spagnoli, siede a capotavola anche quando mangia da solo, arrivando al punto di coinvolgere pure il calcio Napoli e non si sa a quale titolo, forse Koulibaly è interessato all'elezione? Forse il suo sodale belga Mertens prova eccitazione per il governo regionale? O gli inquilini della curva A del San Paolo non vedono l'ora di seguire l'invito di o presidente? Interrogativi inutili, il nipote dello zio, cioè del grandissimo Dino De Laurentiis, non si cura di queste domande infantili e provocatorie, lui mangia brioche e cazzimma dalla nascita, la libertà altrui non lo riguarda, anzi è fastidiosa, tipo Beppe Grillo, l'eleganza della sartoria napoletana, dei suoi abiti, cravatte, camicie entra in conflitto plateale con il linguaggio e il tono delle parole con le quali illustra e liquida chiunque gli si pari dinanzi, allenatori, calciatori, attori, giornalisti, colleghi dirigenti. Sul tema della politica De Laurentiis Aurelio ha avuto percorso ondivago, confessò di appoggiare Lettieri, candidato del centrodestra e poi ribadì il suo favore per Caldoro ma si proclamò «intellettuale di sinistra», una di quelle frasi da applauso oceanico frammisto a risate, queste plautine. Intellettuale, dunque, un colpo di scena che trovò un commento dello stesso De Luca, non immaginando che l'ironia lo avrebbe colpito in faccia, come una torta alla panna: «Credo - disse il Vincenzo - che quando un candidato ha necessità di utilizzare anche il pallone per fare campagna elettorale vuol dire che veramente è alla disperazione». Erano, quelli, i tempi in cui De Laurentiis non gradiva il tifo juventino di De Luca e quindi provvedeva a un distanziamento politico che oggi è stato cancellato, via la mascherina contro il virus e via anche le ipocrisie della propaganda elettorale: «Vota Vincenzo, vota Vincenzo». Non c'è soluzione, non c'è svolta, ripensamento, pentimento, è una battaglia persa nonostante il personaggio abbia le vitamine per crescere, migliorare, come ha saputo fare con la squadra e il club di calcio, riacciuffato dalla melma in cui altri sguaiati lo avevano lanciato e lasciato. Ma non basta. Non gli è bastato. Deve essere attore, regista, sceneggiatore, produttore, cassiere al botteghino, spettatore in sala, allenatore, magazziniere, medico, portiere, terzino, centrocampista, attaccante, arbitro e assistente.

Uno, nessuno centomila, come il romanzo di Pirandello. E a proposito di teatro, c'è una frase, non di Totò ma di Eduardo, che riassume ogni cosa: «Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male».

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