Milano Milano città del cibo, ristoranti che portano fortuna, la bassa bresciana e l'olio del Garda. Mariastella Gelmini a tavola, tra la sua carbonara «mia figlia la definisce mangiabile» e l'ammirazione per Berlusconi «Silvio un maestro della convivialità».
La politica e la tavola?
«C'è un aspetto scaramantico che mi lega ad alcuni ristoranti porta fortuna che diventano tappa fissa in ogni campagna elettorale. Infatti dovrò ricordarmi di prenotare alla Trattoria Alle Trote di Gavardo e al Santa Lucia di Milano. E poi trovo che a tavola sia più facile smussare gli angoli del proprio carattere per trovare la quadra giusta. In questo il presidente Silvio Berlusconi è un maestro, davanti a un buon piatto l'ho visto risolvere situazioni davvero delicate».
Milano nuova capitale del food?
«Dopo Expo tutto è possibile, Milano gioca un ruolo di primo piano ed è diventata la capitale del food senza dimenticare la lotta allo spreco alimentare e la sostenibilità. Il merito va all'intuizione di una donna che ha creduto in tutto questo con la sua amministrazione di centrodestra Letizia Moratti, e poi ai milanesi che hanno creduto nell'evento».
La sua Milano gastronomica?
«Milano ha tutto, dalla cucina milanese a quella etnica, fra i ristoratori i migliori sono quelli che provengono dal Sud, come i pugliesi. I miei luoghi sono La Risacca per il pesce e Fresco&Cimmino in via Foscolo una pausa gustosa dal lavoro di consigliere comunale. Per il sushi, che amo, da Nobu o in un posticino in corso Buenos Aires».
Che rapporto ha con il cibo?
«Fin da piccola, mai stata una mangiona, faccio i conti con alcune intolleranze che mi limitano e mi costringono a mangiar sano. Dovremmo dedicare più tempo all'alimentazione, perché la nostra salute dipende molto da cosa mangiamo. La fretta è dannosa. Mi piace trovare il tempo per un pranzo tra amici, ti regala qualche anno di vita».
Un insegnamento per i nostri figli?
«Come ha fatto Michelle Obama, innanzitutto una mamma che ha voluto insegnare ai bambini americani che oltre le patatine ci sono frutta e verdura, anche noi dovremmo curare sempre più l'alimentazione dei nostri ragazzi, a partire dalla scuola. Ricordo, da ministro, un bel progetto contro l'obesità con il dottor Luca Bernardo».
E lei, più ai fornelli o a tavola?
«Sono prima di tutto una mamma e quindi spesso ai fornelli, ma la più grande balla che potrei dire è di essere brava in cucina. Ho cominciato a cucinare per mia figlia Emma, cibi sani e semplici, cerco di farle mangiare poche schifezze e lei apprezza. Un giorno mi sono impegnata in una carbonara: mangiabile, mamma, è stato il verdetto. Meglio quando ci facciamo un sushi, pronto, sano e che piace a tutte e due».
Il sapore dell'infanzia?
«I tortelli di zucca che preparava mia mamma, dolci, ci metteva anche l'uvetta, con l'eterna disputa: meglio quelli mantovani o i cremonesi? Ma noi li mangiavamo a Brescia. Erano giornate di festa con fratelli e zii, lunghe tavolate, l'atmosfera di una famiglia unita»
Il profumo che ama in cucina?
«Quello del mio olio del Garda, un mio alleato che risolve molte situazioni, lo produce, tra i tanti, Gianfranco Comincioli con cura maniacale e usando solo olive super selezionate. È straordinario, tra i dieci migliori al mondo, lo metti su una fetta di pane e sei felice. Sapore e profumo della mia terra, il lago a Gardone Riviera».
Cosa non smetterebbe mai di mangiare?
«Sono golosa di dolci, ho un debole per la marmellata di Andrini, azienda bio di Gottolengo, la uso anche per le torte che faccio la domenica e mangiamo durante la settimana. A Milano abito in Porta Romana e suggerisco il forno di via Orti, poi adoro i biscotti savoiardi di Vergani e il loro panettone, che mangio non solo a Natale».
Il pranzo o la cena che non dimenticherà mai?
«Il pranzo all'inizio delle vacanze con mia sorella e mio fratello a casa sua in campagna, una grigliata di carne, sotto il porticato. Un appuntamento annuale per tutta la famiglia, dove ti rendi conto del tempo che passa guardando i figli, generazioni di ragazzini che crescono e ti ricordano la vita. Bello ritrovarci tutti, la differenza la fa la compagnia più che il cibo. Quando sei senza orologio e con persone che ami è il momento migliore, i nipoti raccontano e il tempo passa. Un momento cui siamo tutti legati».
Il vino cosa stimola in lei?
«Mette allegria, ti dà brio, da bresciana amo la Franciacorta, un buon Bellavista è sempre un piacere che trovi da Mosca a New York grazie ai grandi passi delle nostre aziende non solo nel produrre ma nel promuovere e vendere. Quando vai all'estero, capisci quanto siamo apprezzati».
Menù tradizionale o innovativo?
«Quando l'innovazione è estrema la trovo esagerata. Più che innovare, si deve ammodernare come per esempio fa Filippo La Mantia, è la strada giusta, tra la cucina siciliana e quella innovativa».
Il suo luogo del cuore?
«Il mio lago, cui sono molto legata, un territorio mutevole che cambia aspetto, da temporali improvvisi a momenti di quiete, quasi ingannevole, ma con tramonti stupendi. Il secondo è l'Aquila, che mi è rimasta nel cuore, la forza degli aquilani mostrata dopo il terremoto mi ha insegnato molto, persone che non si sono arrese, abruzzesi come Gianni Letta cui sono molto legata».
Perché?
«Un uomo sempre ottimista e propositivo. Al governo, mi aiutò a difendere le mie politiche della scuola da Tremonti cui diceva i conti sono importanti, ma la scuola viene prima, non siamo mica ragionieri...».
E il terzo luogo?
«Sogno un monolocale a Venezia».
La cena romantica è un'arma vincente ?
«Per chi sa cucinare sì, quindi non per me... diffido degli uomini che dicono che non importa perché invece ci contano eccome».
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