La giornalista Cecilia Sala era partita da Roma per l'Iran il 12 dicembre, con regolare visto. Aveva fatto una serie di interviste e realizzato tre puntate del podcast Stories che cura per la testata Chora Media. Il suo rientro a Roma era previsto per il 20 dicembre. Ma la mattina del 19, dopo uno scambio di messaggi, il suo telefono è diventato muto. La giornalista, 29 anni, era sparita nel nulla, nessuno dei suoi contatti in Iran sapeva che fine avesse fatto.
È stata arrestata proprio quel giorno, giovedì 19 dicembre, attorno alle 12,30 nell'albergo in cui alloggiava a Teheran. Stava per mandare la puntata del suo podcast quotidiano che non è mai arrivata, e alle 13 aveva un appuntamento a cui non si è presentata. L'indomani non ha preso il volo per tornare a casa. Ma nel pomeriggio ha telefonato alla madre. «Sono stata arrestata», le sue parole, senza poter aggiungere altro. Da allora, Sala ha avuto la possibilità di fare un'altra chiamata, al compagno, giornalista del Post, Daniele Raineri. «Sto bene, ma fate in fretta a liberarmi», ha chiesto. Sala si trova da una settimana in una cella di isolamento del carcere di Evin, dove vengono tenuti i dissidenti, prigione simbolo della repressione politica del regime. Qui è stata detenuta l'italiana Alessia Piperno per 45 giorni e qui è stata incarcerata la premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi. Il motivo dell'arresto di Sala non è ancora stato formalizzato.
Sala è giornalista e scrittrice, ed esperta di esteri, redattrice del quotidiano Il Foglio e autrice di podcast per Chora Media. È una delle croniste più seguite sui social, oltre 400mila follower su Instagram. Appena arrivata in Iran aveva pubblicato una foto e scritto: «Teheran, mi è mancato persino il tuo smog».
Da Chora Media, testata diretta da Mario Calabresi, e da Raineri quando si sono perse le tracce di Cecilia, è stata allertata subito l'Unità di crisi del ministero degli Esteri. Ha poi diffuso una nota in cui si spiega la dinamica di quanto accaduto, fino alla notizia dell'arresto: «Cecilia ha sempre mandato gli audio per le puntate del podcast con estrema puntualità anche dal fronte ucraino nei momenti più difficili, dunque ci siamo subito preoccupati e, insieme al suo compagno, Daniele, abbiamo allertato l'Unità di Crisi. Abbiamo chiamato i suoi contatti iraniani, ma nessuno sapeva dove fosse finita. La mattina di venerdì non si è imbarcata sul volo di ritorno e la situazione si è fatta ancora più angosciante». Chora Media ha anche parlato della prima telefonata fatta da Sala alla madre: «Poche ore più tardi il suo telefono si è riacceso. Cecilia ha chiamato sua madre e le ha detto che era stata portata in carcere e che aveva avuto il permesso di fare una breve telefonata». La seconda telefonata è stata al compagno. Cecilia ha detto di stare bene. È possibile però che abbia dovuto leggere un testo scritto, perché ha usato espressioni che sembrano più una traduzione dall'inglese, secondo le ricostruzioni del Post.
Cecilia, in questo ultimo viaggio in Iran, ha raccontato storie sul patriarcato nel Paese e sulla comica iraniana Zeinab Musavi, arrestata dal regime per gli sketch di uno dei suoi personaggi. Di lei ha scritto su Instagram: «Ho incontrato una persona a cui ho voluto bene per anni da lontano». Ha parlato anche con Hossein Kanaani, uno dei fondatori dei Pasdaran. Cecilia era stata in Iran diverse volte, sapeva come muoversi e fin dove spingersi. Aveva anche realizzato alcuni reportage su come stesse cambiando lo scenario in Iran dopo la caduta in Siria di Bashar al Assad. Ieri mattina l'ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, ha potuto incontrarla in carcere.
«Il giornalismo non è reato», ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Mentre la blogger Alessia Piperno, che era stata accusata di spionaggio e rinchiusa anche lei a Evin, ha raccontato: «Quella prigione non dovrebbe esistere. So cosa vuol dire il terrore di stare in una cella da soli».
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