Cade il 105esimo anniversario della «Giornata del Sole», festa nazionale che celebra la nascita del padre della Patria Kim il Sung, il «presidente eterno». E a Pyongyang è il delirio, in tutti i sensi. Missili e fanfare, canti, ole e battimani frenetici di folle adoranti ammaestrate da un coreografo di scuola stalin-maoista capaci le folle - di tingere l'immensa spianata di rosso e di giallo a seconda della scaletta e dei reparti che sfilano in parata, in una regia millimetrica già vista alle Olimpiadi di Pechino. E soldati che marciano a ranghi compatti, al passo dell'oca. Centomila marionette con gli occhi a mandorla, in divisa e non, mandano a dire al mondo, in Technicolor, che la Corea del Nord non ha paura di nessuno, ed è pronta a una guerra nucleare. I missili balistici intercontinentali sono lì da vedere, trainati da enormi carri-mammuth che sembrano dei millepiedi a motore. Lassù, sulla tribuna d'onore, circondato dai suoi generalissimi c'è lui, Kim Yong-un, la solita faccia da pupazzo cattivo che pare pensata da Stephen King. Estasiato davanti ai suoi nuovi giocattoli, il monello terribile di Pyongyang - fresco di barbiere che lavora col tosaerba, si direbbe - batte le mani al colmo della felicità come un bambino la mattina di Natale, quando si aprono i regali portati dalle renne di Santa Claus. Si fa fatica a prenderlo sul serio, uno così. Ma sarà prudente cambiare atteggiamento, d'ora in avanti, come hanno imparato gli alti papaveri del regime che si erano (prima di sparire dalla scena) permessi qualche sorriso soffuso di condiscendenza di fronte alle stravaganze del dittatore paffuto.
Mister Trump è avvertito. E avvertiti sono anche i suoi alleati nella regione, Corea del Sud e Giappone. Ma avvertiti siamo tutti noi, perché sono dannatamente veri, anche se sembrano usciti da un manga giapponese, i razzi balistici sottomarini capaci di colpire un bersaglio a mille chilometri di distanza che sfilano in piazza.
In parata, preceduti da un battaglione che sembra disegnato al computer, sfilano missili di dimensioni superiori ai Kn-08 e ai Kn-14 di cui i nordcoreani già si sapevano dotati. Ma fanno bella mostra di sé anche i Kn-06 terra-aria e i Pukguksong-2, missili balistici a raggio intermedio utilizzati per i test dello scorso febbraio. I nuovi missili progettati dagli Stranamore di Pyongyang saranno provati presto, forse già il 25 aprile, quando si celebra l'85esimo anniversario della creazione dell'esercito. Una prova di forza, quella del regime nordcoreano, che punta il grosso delle sue carte sulla missilistica come arma vincente, capace di portare in territorio nemico testate atomiche. Anche se le agenzie di intelligence occidentali ritengono che Pyongyang sia ancora piuttosto lontana dal perfezionamento di un sistema operativo. Una previsione che il Giappone giudica incongruamente ottimistica, e che induce il ministro degli Esteri Kishida a parlare di «alcune contromisure» che Tokio è già pronta a prendere.
I venti di guerra che soffiano sul Pacifico portano fin sulla soglia delle nostre case solo minacce e accuse, finora. Ma il dossier nordcoreano comincia a far paura davvero. «Risponderemo a una guerra totale con una guerra totale, e siamo pronti a colpire con attacchi nucleari nel nostro stile ad eventuali attacchi nucleari», ha detto Choe Ryong-hae, il più potente ufficiale del regime. E ha accusato gli Stati Uniti di schierare armi nucleari nel sud della penisola coreana, «creando una situazione molto tesa che minaccia la pace e la sicurezza non solo nella regione, ma anche nel mondo intero».
Cina, Russia, Corea del Sud e del Nord, Giappone e Stati Uniti. Comincia una partita a sei che sarebbe imprudente, troppo imprudente, pensare di chiudere con un paio di bombe come quelle somministrate da Trump ai talebani. La Corea del Nord non è la sgangherata Siria di Assad.
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