L'abbaglio di Saviano, ultras del ddl Zan

Lo scrittore a Che tempo che fa supporta l'approvazione del ddl Zan. Ma mostra in diretta una presunta aggeressione omofoba già smentita dai giudici

L'abbaglio di Saviano, ultras del ddl Zan

Chi non si è mezzo addormentato almeno una volta durante una predica domenicale sulla Trinità? Sarà capitato a tutti, almeno a chi qualche volta varca la soglia di una chiesa. È un riflesso condizionato: sei lì che ascolti il parroco e improvvisamente la mente vola altrove. Ecco. Quando Roberto Saviano prende la parola a Che tempo che fa accade più o meno lo stesso. La chiesa in fondo c’è, ed è quel salotto laico di Fabio Fabio. E il prete pure, visto che Roberto il ruolo lo riveste alla perfezione: noioso, lento, paternalistico.

Nell’ultima puntata, allo scrittore sono stati concessi 10 minuti di comizio sul ddl Zan dove ha difeso a spada tratta il testo, minimizzando le contestazioni dei contrari. Riassumiamo in breve. Sua eminenza Lgbt ha affermando che la nuova legge non limiterà la libertà di espressione. Ha spiegato che potremo continuare a dire che le unioni gay sono contro-natura, ma non che gli omosessuali andrebbero “cacciati da una spiaggia”. E ha rassicurato gli spettatori sulla bontà di un testo "perfettibile" ma non rinviabile (due cose, peraltro, in perfetta contraddizione). Tutto secondo copione.

Il problema, e questo il buon Saviano non l'ha accennato, è che la norma è talmente generica che lascerà al giudice - o al Roberto di turno - il potere di decidere cosa “determini il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori” e cosa no. Se un avvocato riterrà di denunciare chi scrive che l’utero in affitto è un mercimonio, beh: potrà farlo. Ci saranno le indagini, il processo, poi magari l’assoluzione. Ma finire in tribunale per un'opinione non è comunque bello. Si chiede giustamente Alessandro Campi, politologo di fama e non certo un pericoloso omofobo: “Chi decide quando idee ed opinioni liberamente espresse possono determinare un concreto ed effettivo pericolo? Ci vuole poco a capire quali margini di discrezionalità, con una magistratura politicizzata in molte sue frange come quella italiana, lascia aperta una simile formulazione”. Ma questo, ovviamente, Saviano non si è degnato di specificarlo.

Roberto non ha spiegato neppure che se dal 1996 non si è mai riusciti ad approvare una legge del genere un motivo c’è, ed è semplice: si chiama democrazia. Quando manca la maggioranza parlamentare, vuol dire che deputati e senatori nel portare le istanze degli elettori in Aula hanno ritenuto che una norma simile non fosse utile, necessaria, urgente. Fa schifo? Pensatela come volete, ma la democrazia funziona così.

Il punto, però, è un altro. Nel suo pistolotto senza contraddittorio (deve aver imparato da Fedez), Saviano ha mostrato alcune notizie di aggressioni ad omosessuali per dimostrare l'urgenza e la necessità del ddl Zan. Piccolo problema: la storia messa più in evidenza, con tanto di inquadratura in primo piano, nient'altro era che una bufala. Esatto: cercasi debunker per controllare. L’apostolo Lgbt ha mostrato un caso del settembre 2020 dal titolo: "Aggrediti a Padova per bacio gay, ferito l’amico che li difende. In sei li prendono a calci e pugni". Gravissimo, per carità. Infatti l'indignazione fu unanime. Peccato poi si sia rivelata una bufala. Sarebbe infatti bastato fare una rapida ricerca online per capire che quella che venne raccontata come un’aggressione omofoba in realtà si trattò di una "banale" rissa tra ragazzi.

Spacciarlo ancora come caso di odio contro i gay, per promuovere il ddl Zan, è grave. Senza offesa, solo una domanda: visto che era in diretta su Rai3, questa si chiama disinformazione o direttamente propaganda?

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