Pochi giorni: due, forse tre. Uno sprint finale per mettere a punto il testo finale del disegno di legge costituzionale sulla Giustizia deciso venerdì scorso dal governo, e poi da lì affrontare «a schiacciasassi» il lungo percorso per la sua approvazione, compreso il probabile referendum. È questo il cronoprogramma imposto da Giorgia Meloni anche per mettere fine alle voci incontrollate e spesso imprecise sui punti chiave del provvedimento: dalla separazione delle carriere tra giudici e pm, alla obbligatorietà dell'azione penale, per finire con la sottrazione al Consiglio superiore della magistratura delle funzioni disciplinare a carico delle toghe, esercitate in questi anni in modo che un ex Csm come Antonio Leone, nell'intervista qua sotto, non esita a definire «ridicolo».
Proprio il tema delle sanzioni ai magistrati che sbagliano è destinato (più ancora della separazione delle carriere, questione-feticcio già depotenziata in sostanza dalla riforma Cartabia) a segnare lo scontro con l'Associazione nazionale magistrati. E proprio su questo punto il governo sembra avere le idee particolarmente chiare: non solo sul trasferimento delle competenze ad una Alta corte esterna al Csm ma anche sulle modalità di composizione di tale Corte. Il progetto prevederebbe (il condizionale è d'obbligo) il sorteggio dei suoi componenti all'interno di «panieri» predefiniti, composti da magistrati anche a riposo, docenti universitari di materie giuridiche e avvocati con decenni di professione alle spalle; il criterio del sorteggio toglierebbe all'Anm qualunque potere di controllo e di lottizzazione della componente togata della Corte. Lo scambio di favori tra correnti per salvare i colleghi nei guai finirebbe in soffitta.
Comprensibile, dunque, che l'Anm affili le armi. Il problema, per il sindacato delle toghe, è che su questo versante non dovrà misurarsi solo con il governo Meloni e con le forze centriste - Italia Viva e Azione! - che hanno già manifestato il loro appoggio all'idea. Anche il Partito democratico, che si è già dichiarato risolutamente contrario al resto del disegno di legge governativo (in particolare per quanto riguarda separazione delle carriere e sdoppiamento del Csm) ha invece aperto la porta alla creazione dell'Alta corte disciplinare per giudicare i magistrati. Anzi, ieri il Pd rivendica addirittura la primogenitura del progetto, contenuto in un disegno di legge della senatrice Anna Rossomando, depositato in Parlamento nell'ottobre 2021 e ripresentato nell'ottobre 2022.
É il testo che prevede esplicitamente la norma invisa ai magistrati: a giudicare i giudici che sbagliano non deve più essere il Csm ma l'Alta corte. Infatti poco dopo il suo deposito il progetto venne attaccato frontalmente sulla rivista di Magistratura democratica, con un articolo in cui (pur dando atto che «il giudizio disciplinare sia svolto da colleghi degli incolpati ammanta quel giudizio di una patina di opacità») accusava la Rossomando di voler «amputare una funzione essenziale» del Csm.
Certo, il progetto dem e quello del governo Meloni divergono - se le voci risulteranno corrette - su un tema rilevante, le modalità di elezione della nuova Alta corte. Nel progetto Rossomando non si parla di sorteggio, i quindici giudici verrebbero scelti (un terzo a testa) dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento e dalle «supreme magistrature». É possibile una convergenza col progetto governativo? «Al sorteggio noi siamo assolutamente contrari», fa sapere ieri la senatrice dem.
Ma resta il fatto che sull'obiettivo finale, la creazione dell'Alta Corte, la maggioranza e il principale partito di opposizione sono d'accordo. Se si superasse lo scoglio delle modalità di elezione, un'intesa bipartisan farebbe approvare la riforma con oltre i due terzi del Parlamento. E a quel punto salterebbe anche il referendum, ultima trincea dell'Anm.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.