Pubblichiamo ampi stralci dell'intervista al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri sul compleanno dell'ex presidente del Consiglio e leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, andata in onda ieri sera su Matrix, la trasmissione di Canale 5 condotta da Nicola Porro.
Cosa farà Silvio Berlusconi in futuro?
«Quello che ha sempre fatto: cose straordinarie. Deve fare ancora un po' di convalescenza perché ha subito un intervento molto importante e molto invasivo. Ma quando sarà a posto, tra qualche settimana, ricomincerà a guidare il partito, a fare politica, a essere l'inventore di tante cose, come sappiamo. E io spero che le faccia perché il Paese ha ancora bisogno di Berlusconi»
Non si è un po' rotto le scatole, dopo vent'anni di battaglie, sentire i nemici dire «bravo Berlusconi»?
«Ho visto l'altro giorno sull'Espresso gente che sempre lo ha attaccato anche contro gli interessi del Paese, più che per politica o per dialettica, sputtanando più il Paese che Berlusconi. E adesso fanno le lacrime di coccodrillo e fanno il coccodrillo a Berlusconi che di strada e di cose da fare ne ha ancora tante da fare. E, poi, sono ipocriti».
Lei comincia a lavorare con Berlusconi nel 1973, il primo aprile. È un pesce?
«Sì. Ma poi il pesce si ingrossa. Noi eravamo amici da quando eravamo ragazzi. Io avevo intrapreso un'attività mia che stentava e lui mi disse: ma cosa stai lì, vieni da me, ti do un milione al mese. Era una bella cifra. E sono entrato come suo assistente».
Quanti eravate all'epoca?
«Circa cento. Era l'Edilnord, Berlusconi aveva finito Milano 2. Poi è stata una cavalcata».
Ma Berlusconi pensava da solo a tutte queste cose?
«Berlusconi è un genio e credo che glielo riconoscano tutti, anche gli avversari. È un genio ma anche uno sgobbone. Per esempio lui il venerdì faceva la sua visita a Milano 2 e controllava anche i fili d'erba. Non sto scherzando, i prati dovevano essere curati».
Quanti anni aveva?
«Quando ha pensato a Milano 2 aveva 30 anni e aveva già fatto un quartiere di 5mila abitanti a Brugherio»
Quanto fatturava l'Edilnord in quegli anni?
«Quando ha venduto Milano 2 ha incassato 35 miliardi di lire. Siamo nel 1974. Era il suo guadagno e non aveva ancora 40 anni. Era un fenomeno».
Come viene in mente a Berlusconi con 35 miliardi in cassa di unire il suo sforzo imprenditoriale a quello de il Giornale nel 1976?
«Non compra il Giornale ma lo aiuta finanziandolo. Come sappiamo Montanelli aveva lasciato il Corriere con altri giornalisti. Il Corriere in quel periodo stava facendo una polemica contro la Montedison, che investì denaro nel Giornale. Poi finita la polemica, l'avevano mollato. Allora Montanelli chiamò Berlusconi e andammo assieme in piazza Cavour. Montanelli disse di essere alla canna del gas e Berlusconi generosamente, mentre sembrava che il comunismo prendesse il potere, diceva: io ho fatto fortuna qui e voglio difendere questo Paese dal comunismo. Così Berlusconi si impegnò pesantemente a livello economico, lasciando la libertà a Montanelli di apparire ancora come i proprietario».
Ma Berlusconi litiga con Montanelli prima del 1994?
«Ma no. Ora sono tutti montanelliani. Quando sento che Travaglio è il biografo di Montanelli... Montanelli era anticomunista nelle viscere e aveva un bellissimo rapporto con Berlusconi perché gli lasciava la massima libertà. Il Giornale avrebbe chiuso se non ci fosse stato Berlusconi. E ci fu un aiuto anche dalla De Agostini nella persona di Achille Boroli, un vero liberale».
I salotti buoni, le banche, Mediobanca, gli Agnelli vi hanno sempre considerato dei parvenue dell'impresa...
«Berlusconi è talmente fuori dagli schemi che non può essere ricompreso in un salotto buono. Lo stesso Cuccia, che in fondo aveva un'ammirazione per Berlusconi, era di un'altra generazione».
Parliamo della sua generosità
«Non era solo questione di denaro ma di presenza, di vicinanza. Oltre a dare si dava. Si ricordava tutto e tutti».
Si ricordava tutto perché aveva una grande staff?
«No, lui ha una memoria straordinaria. Poi c'è quell'attenzione fatta di calore. Perché ha avuto tanto consenso? Perché a gente lo sente vicino. E ancora oggi ha il consenso che ha, malgrado tutto, perché ha empatia».
Quando Berlusconi le disse «voglio fare la tv», lei cosa pensò?
«Mi prendeva come cartina di tornasole: se un programma mi piaceva voleva dire che non andava bene. Oltre a essere un genio era un lavoratore straordinario. Mi ricordo quando andammo in Francia a fare La Cinq e fu un successo, interrotto per ragioni politiche. Berlusconi passò sette giorni senza andare a letto per preparare tutto, a correggere i testi eccetera».
Bisogna essere un po' corsari per fare Mediaset e inventarsi una nuova azienda oggi e per i prossimi 20 anni?
«Oggi ci sono i corsari, che sono spalleggiati, invece che dai De Mita di turno, dal presidente Obama. Apple, Google fanno una valanga di soldi in Italia con pochi dipendenti e pagano le tasse in Irlanda. Sono dei grandi innovatori, però sono dei colonialisti nei confronti dell'Europa e dell'Italia».
Milena Gabanelli nel 2009 ha detto: la tv è lo spazio dove si decide la lotta per il potere
«Il potere certo che è in televisione. Dicevano che Berlusconi aveva preso il potere nel '94 perché aveva le tv, poi nel '96 lo ha perso e aveva sempre le tv, nel 2001 ha vinto e nel 2006 perso di nuovo. Uno viene giudicato per quello che fa come governante».
Lei ha detto che oggi Berlusconi dovrebbe fare il coach della politica
«Oggi ci sono i Cinque stelle che dicono: uno non può possedere più del 20% di un canale. Ma dove vai? Queste cose qui sono altro che i soviet. È qualcosa che non sta in piedi. Certo gli italiani sono scontenti della politica.
Però Berlusconi dalla sua esperienza può dire: signori, è vero che il mondo è cambiato, ma certe cose fondamentali come la libertà d'impresa, il rispetto di certi valori bisogna trasmetterli. E se Berlusconi riesce a instillarli a giovanotti di oggi, credo che sia un bene. Credo potrebbe essere un coach straordinario».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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