Ho fatto un incubo terribile. Eravamo nel 2022, alla vigilia dei mondiali in Qatar. Il calcio, in quanto unico rito collettivo riconosciuto, aveva già sostituito la democrazia, e dava i tempi per lo scioglimento delle Camere e per la data delle nuove elezioni. La nuova legge elettorale non c'era e non era stato ancora scelto nemmeno il nuovo allenatore della Nazionale. Qui i ricordi notturni si fanno confusi, non era chiaro se l'Italia si era stavolta qualificata, ma sicuramente c'era il partito di quelli che non volevano andare ai mondiali per protesta contro l'eccessivo caldo. Gentiloni era ancora al governo, le consultazioni, attraverso una ragnatela infinita di veti e combinazioni, erano diventate perenni. Una sorta di arte metapolitica che aveva dissolto programmi e idee, identità e coerenze, promesse e prese di posizione. Il cittadino era sullo sfondo, gabbato dall'iperdemocrazia grillina, il cittadino era solo un numero elettorale. Gentiloni aveva gestito per anni la cosiddetta ordinaria amministrazione, ovvero le nomine, la crisi siriana, il pericolo atomico, l'immigrazione, l'economia, la rivoluzione tecnologica. Le auto erano elettriche o senza conducente, ma a Roma c'erano ancora le buche.
Una volta svegliato la realtà del 2018 non è che mi abbia rincuorato. In effetti al governo di fatto c'è ancora Gentiloni, e il suo partito, il Pd, si sta contorcendo per andare al governo con Di Maio. Ma Gentiloni non era quello che doveva stare a palazzo Chigi solo qualche mese, il tempo per Renzi di digerire la botta referendaria? Non solo è ancora lì, ma se dovesse fallire il Pd pentastellato, forse Mattarella pensa di tenerlo lì fino alla primavera del 2019. Allora il mio incubo non è cosi tanto notturno. Soprattutto è reale la sospensione della democrazia, già inaugurata con il complotto ormai riconosciuto da tutti del 2011. Mi dispiace per Di Maio e per la base grillina, ma il Cav è stato l'ultimo leader eletto dagli italiani. Ora gli italiani si ritroverebbero al governo un partito che in effetti è il primo nel paese, il M5s, ma non ha i numeri per governare. Una coalizione, quella di centrodestra che di fatto ha vinto le elezioni, totalmente fatta fuori, e un partito che le elezioni le ha perse ma che manterrebbe un piede nel potere. Ai fini interpreti del linguaggio del corpo, consiglio di fare un fermo immagine sulla delegazione del Pd in questi giorni. Mi sembra più la classe morta di Kantor che una nuova classe dirigente.
Insomma, così votare a che serve, se i perdenti potrebbero governare comunque, senza le consultazioni vere, quelle con il popolo. Il più grande intellettuale della sinistra americana, Chomsky, dice che la democrazia in occidente non è sospesa nella forma ma nella sostanza. Chi vota non incide sulla realtà che continua ad essere plasmata dagli stessi, che agiscono in barba ai verdetti delle urne. Attenzione, altro che populismo allora è in arrivo. Mi torna in mente un romanzo di Kundera che ho molto amato, L'insostenibile leggerezza dell'essere. Non è che, mutatis mutandis, quella del Pd sia allora una Insostenibile attrazione per il Potere? Insostenibile anche per il buon gusto, anche per gli italiani. Un grande partito, erede di una grande tradizione, deve ripartire dalla sua crisi, da se stesso, e non essere il tassello di un gioco che dice o a destra o a sinistra su feticci di programmi mutevoli.
Che coerenza c'è in un Movimento che si offre contemporaneamente alla Lega e al suo acerrimo avversario? Mi auguro che tutto torni nella cosiddetta razionalità. Mi auguro che gli uomini e le parole non impazziscano e che il Pd non si trasformi in Psd, ovvero Potere senza democrazia, al di là di ogni democrazia.
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