La legge Acerbo di Matteo

le trame di un premier che cerca il potere assoluto

La legge Acerbo di Matteo

Sarà un riflesso pessimistico della mia memoria storica, ma a me le iniziative costituzionali di Matteo Renzi ricordano la legge Acerbo, grazie alla quale il fascismo si trasformò in dittatura e Mussolini nel Duce. Renzi non sta riformando il sistema politico per renderlo più veloce ed efficiente. Renzi sta letteralmente cambiando la forma e la natura dello Stato uscito nel 1948 dall'Assemblea costituente, in funzione del potere personale di chi ricoprirà la carica di capo del governo dopo le prossime elezioni. Se, poi, si pone mente alla riforma del sistema elettorale - palesemente destinata a conferire al presidente del Consiglio in probabile competizione con Grillo un potere assoluto - le analogie diventano ancora più inquietanti.

L'attuale Senato era stato pensato dai costituenti come parte fondamentale di un sistema di pesi e contrappesi con la Camera dei deputati. Considerando che la sua prospettata trasformazione in Camera dei rappresentanti delle autonomie locali, a beneficio del partito di governo, è un'autentica porcata che sfrutta il complice silenzio dei costituzionalisti (che aspettano a pronunciarsi?), le ragioni dell'inquietudine aumentano. Se, poi, si fa mente locale che con questo sistema elettorale, che pare fatto apposta per mettere gli elettori di fronte alla scelta quasi obbligata fra Renzi e Grillo, il governo è destinato alle prossime elezioni a ottenere la maggioranza assoluta, non c'è proprio di che stare allegri...

Ho scritto che Renzi è uno spirito autoritario fortemente assetato di potere personale che si sta ora disegnando un futuro istituzionale in funzione delle proprie ambizioni e pretese; per alcuni miei amici liberali più severi di me è addirittura «un fascistello». In realtà, il ragazzotto fiorentino, poco incline alla democrazia parlamentare e così politicamente incolto da parlare con le approssimazioni del viaggiatore di uno scompartimento ferroviario di seconda classe, si sta rivelando più pericoloso di quanto io stesso avessi previsto. È sufficientemente furbo da aver capito che cosa pensano e vogliono gli italiani che di lui sono entusiasti e, cinicamente, glielo dà. Forse (forse) i miei quattro amici liberali non hanno tutti i torti... Ricordo a tal proposito che, constatato di non avere in una commissione parlamentare la maggioranza che gli consentisse di realizzare senza opposizioni il suo progetto, ne ha sostituito i dieci probabili dissidenti con uomini della propria parte per garantirsi di poter realizzare senza impedimenti, ciò che voleva. Non proprio un comportamento esemplare, come ha denunciato giustamente il direttore Sallusti. Così come si sta rivelando francamente poco esemplare l'acquisto, del tutto incostituzionale, di parlamentari disposti a votare, in cambio di vantaggi personali, le sue iniziative legislative.

Nel frattempo, non casualmente, Ferruccio de Bortoli che aveva scritto un editoriale nel quale manifestava una certa antipatia politica per Renzi, ha lasciato la direzione del Corriere dal quale sono stato spinto fuori io stesso. Quando si profila un rapporto clientelare fra l'editore di un giornale, bisognoso di facilitazioni fiscali e di sussidi economici per i propri affari industriali, e il direttore del giornale stesso, alla ricerca dell'appoggio dei cosiddetti poteri forti - che in Italia sono sempre deboli di fronte a chi governa - le cose per la libertà di stampa si complicano... Una cosa è, comunque, certa: un articolo come questo non sarebbe pubblicato dal Corriere e lo dico con molta amarezza, avendoci passato quasi sessant'anni, sempre in totale libertà di scrittura e di opinione, fino a quando non è comparso all'orizzonte politico il rottamatore.

È sconfortante constatare che questo nostro Paese di tanto in tanto produce personaggi discutibili e dannosi per la democrazia. Renzi è uno di questi e c'è solo da sperare che gli italiani ci riflettano e si diano una regolata...

piero.ostellino@ilgiornale.it

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