Lepore incolpa il governo. Ma il Viminale lo smentisce

Il primo cittadino: "Hanno mandato 300 camicie nere a Bologna". E attacca Piantedosi: spieghi

Lepore incolpa il governo. Ma il Viminale lo smentisce
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«Ci hanno mandato 300 camicie nere». All'indomani degli scontri tra i gli antagonisti di estrema sinistra e la polizia che sono terminati con il ferimento di tre agenti, il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, attacca il governo per aver autorizzato la manifestazione di Casa Pound e della Rete dei Patrioti.

«Mi chiedo come sia possibile ancora una volta che Bologna non venga rispettata», dice il primo cittadino di Bologna rivolgendosi al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai leader del centrodestra e agli altri membri del governo che saranno a Bologna per chiudere la campagna elettorale per le Regionali. Lepore precisa che avrebbe preferito «chiedere i fondi per l'alluvione, per le infrastrutture, le forze dell'ordine per fare il lavoro sulla sicurezza, i fondi per la sanità, il diritto alla casa» piuttosto che parlare di questo episodio. Il sindaco dem, però, sottolinea anche che l'amministrazione di Bologna e il comitato per l'ordine pubblico avevano espresso la loro contrarietà a far svolgere la manifestazione di Casa Pound, ma «poi ha puntualizzato Lepore - evidentemente qualcuno da Roma ha chiamato e le cose sono cambiate». E aggiunge: «Credo che il ministero degli Interni debba dare spiegazioni alla città di Bologna». Dal ministero dell'Interno arriva però la smentita alle insinuazioni di Lepore: «La precisazione del Comune di Bologna di fatto conferma che il comitato provinciale ordine e sicurezza di fatto non aveva vietato la manifestazione, conferma che il sindaco non ha chiesto di vietarla e conferma che la questura doveva mediare con gli organizzatori sulla durata e l'itinerario della stessa, così come poi avvenuto ottenendo il possibile in sede di confronto, ma soprattutto conferma indirettamente anche che non c'è stata mai nessuna chiamata dal Viminale per cancellare un divieto mai espresso dal comitato», fanno sapere fonti del Viminale all'Adnkronos.

Lepore ricorda che in Emilia Romagna si vota tra due settimane e considera quasi una provocazione per Bologna, città medaglia d'oro per il valore militare e civile per la Resistenza, che un corteo di «300 camicie nere» si svolga «di fronte alla stazione del due agosto», ossia il 2 agosto 1980, giorno della strage. «Una cosa del genere, non si è mai vista», sentenzia Lepore secondo cui il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi avrebbe dovuto «prevedere che dei rischi per la città ci sarebbero potuti essere», visto e considerato che anche dei passanti hanno rischiato di finire coinvolti negli scontri. Tra i bersagli delle critiche di Lepore non c'è solo il titolare del Viminale, ma anche il presidente del Consiglio da cui si aspetta che spieghi «come mai si è permesso che trecento camicie nere sfilassero a Bologna». Il sindaco di Bologna, infine, risponde anche a Matteo Salvini che ha chiesto la chiusura definitiva dei centri sociali «occupati dai comunisti». Secondo Lepore si tratta sempre dello stesso copione: «Ci avevano provato dice - anche cinque anni fa durante le elezioni regionali con Bonaccini, venne Salvini poche settimane prima del voto». Il primo cittadino di Bologna, quasi infastidito che si tirino in ballo i centri sociali degli antagonisti di estrema sinistra, conclude: «Ormai è una storia che si ripete, quindi non so davvero che senso abbia».

In tarda serata, la prefettura di Bologna ha smentito categoricamente che «nessuna indicazione in ordine allo svolgimento dell'evento o alle modalità di gestione dello stesso siano pervenute dal Ministero dell'Interno o da chiunque altro, rientrando ogni valutazione in materia tra le esclusive prerogative e responsabilità dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza».

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